«Se mi avesse fatto entrare nella villetta avrebbe ucciso anche me», osserva la colf dei due coniugi anziani aggrediti e massacrati nella loro abitazione di San Martino di Lupari, un comune di 13 mila anime dell’alta Padovana. La violenza sarebbe opera della figlia della coppia ed ex vigilessa del comune di Asolo, Diletta Miatello di 51 anni. A trovare la morte, in quella casa a due piani, è stata Maria Angela Sarto di 84 anni. Il marito Giorgio Miatello di 89 anni, invece, è ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Padova. I medici per aiutarlo a respirare lo hanno sedato e intubato. L’indagata, in cura al Csm (centro di salute mentale) di Cittadella, avrebbe aggredito madre e padre nel sonno tra le 20 del giorno di Santo Stefano e le 6 del mattino di martedì. Il movente del delitto è racchiuso nelle parole della collaboratrice domestica: «Il signor Giorgio aveva difficoltà a camminare a causa di un infortunio in casa e non è riuscito a prelevare denaro contante. Lo avrebbe dovuto portare l’altra figlia, Chiara. Quando Diletta ha capito che i genitori non potevano darle i soldi ha perso la testa». Insomma, la violenza sarebbe esplosa per il mancato incasso della mancia da parte di mamma e papà. La 51enne, quando alle 8 di martedì mattina è arrivata la colf dei suoi genitori, le ha detto: «Stanno ancora riposando». L’ha allontana e forse era convinta di averli uccisi entrambi. Quella mattina sono poi intercorse alcune telefonate tra Chiara e la badante, fino ad arrivare a dopo le 13 quando la sorella dell’indagata è entrata nella casa dei genitori. Davanti a lei sangue e distruzione. Al piano terra ha trovato il padre in fin di vita e al primo piano la mamma morta a letto. «È stata mia sorella», ha dichiarato straziata dal dolore alla colf, frase poi riportata dall’assistente familiare agli inquirenti. Intanto Diletta, al volante della sua Fiat Panda di colore rosso, era fuggita dalla scena del crimine. Si era diretta verso il comune di Romano d’Ezzelino (in provincia di Vicenza) e qui ha prenotato, per due giorni, la stanza numero 5 dell’albergo Cubamia. Ma l’ex agente della municipale, seconda l’accusa, ha commesso tre errori diventati possibili elementi probatori e sui cui si fonda il fermo firmato alle 23 di martedì dal pubblico ministero Marco Brusegan titolare delle indagini. La bugia alla colf, quando ha dichiarato che i genitori stavano ancora riposando. La fuga dalla villetta e l’avere spento il telefono cellulare per non essere rintracciata. Ma gli inquirenti sono comunque riusciti a individuarla. Il numero di targa della sua utilitaria è stato inserito nel sistema Allert e quando Diletta è passata sotto il varco elettronico di via Ca’ Cornaro a Romano d’Ezzelino è stata pizzicata. A prelevarla nella camera dell’hotel, posta sotto sequestro insieme alla villetta del massacro e all’attigua abitazione della 51enne, sono stati i carabinieri di Bassano del Grappa. Diletta, difesa dall’avvocato Elisabetta Costa del foro di Padova, è stata poi condotta nella caserma di Cittadella dove è stata interrogata e quindi fermata con l’accusa di omicidio e tentato omicidio volontari aggravati dal vincolo della parentela. Quindi è stata tradotta nel carcere femminile di Montorio Veronese. Durante il faccia a faccia con gli inquirenti era molto fredda. Non ha ammesso nulla e di fatto non ha parlato. «Lei è fredda, glaciale – ha confermato la badante – pochissime parole. Quando ero in casa lei se ne stava nella sua parte di abitazione. Non c’erano mai state violenze fisiche contro i genitori, verbali sì. A volte sono intervenuti ambulanza e carabinieri, una volta sono stata anche presente».
I carabinieri ieri sono tornati nella villetta per proseguire con i sequestri. In queste ore stanno cercando i possibili abiti indossati dall’indagata, forse sporchi di sangue. Inoltre saranno sottoposti ad esami di laboratori alcuni cocci di ceramica, pieni di impronte digitali e tracce ematiche.