Il presidente Mattarella per il Giorno della Memoria fa un discorso non retorico ed estremamente netto anche sulle responsabilità diffusa, tra troppi italiani, negli orrori razziali. «La maggior parte delle responsabilità delle leggi e della politica razzista – osserva il Capo dello Stato nella cerimonia sul Colle – in Germania e in Italia va attribuita ai capi dei due regimi, Hitler e Mussolini. Ma il terribile meccanismo di distruzione non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso, a volte tacito ma comunque diffuso, nella popolazione». E ancora: «Un consenso con gradi e motivazioni diversi: l’adesione incondizionata, la paura, ma anche e spesso, il conformismo e quell’orribile apatia morale costituta dall’indifferenza. Poche e isolate furono le figure illuminate che, in Germania e in Italia, levarono la propria voce per condannare il razzismo e la sua letale deriva». Un discorso severo quello di Mattarella. Non solo rivolto al passato ma molto accorato al presente. Quando il presidente parla dell’indifferenza come veleno e ignominia civile sta parlando di un rischio che, rispetto ai razzismi di oggi e a tutte le forme di violenza e di persecuzione, si può replicare e non è scomparso. Mattarella parla davanti a Giorgia Meloni, a La Russa e Fontana (presidenti delle Camere), a ministri (Tajani, Piantedosi, Crosetto, Valditara), a politici come Mara Carfagna, al prefetto di Roma (Frattasi), ai vertici Rai (l’ad Fuortes) e soprattutto ai rappresentanti della comunità ebraica (da Dureghello a Di Segni). E ci sono i sopravvissuti come Edith Bruck e Sami Modiano, e tanti studenti. Tramandare la memoria è lo scopo di tutto, il passare il testimone del ricordo è il giusto atteggiamento da tenere e su cui non mollare mai, dicono tutti in questa sala del Quirinale. «Mai più – incalza Mattarella – un mondo dominato dal razzismo, dal culto della personalità, dalle aggressioni, dalla guerra. Mai più uno Stato che calpesta libertà e diritti. Mai più una società che discrimina, divide, isola, perseguita». La dignità dell’uomo è la questione di ieri, di oggi, di sempre. E qui Mattarella è molto incalzante anche riferendosi al conflitto scatenato da Putin in Ucraina e insieme all’abuso di uno strumento democratico qual è il web: «I principi di dignità e libertà delle persone li vediamo minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse e esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante -alimentato dall’uso distorto dei social – dell’antisemitismo, dell’intolleranza, del razzismo e del negazionismo che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa». Prima di Mattarella, tra un filmato di Rai Cultura e le musiche del ghetto, interviene il ministro dell’Istruzione. E Valditara stigmatizza il «collaborazionismo del regime fascista che facilitò le deportazioni di italiani nei lager nazisti». «Totalitarismo e barbarie nazifascista: mai più». E racconta: «In certe città europee oggi si ha paura di indossare la kippah. Significa che non abbiamo ricordato abbastanza». Poi parla Mattarella e le sue parole vengono punteggiate in prima fila dagli sguardi di totale condivisione di Giorgia Meloni, oltre che di tutti gli altri.
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