Da imputato per estorsione a vittima delle accuse del clan. Dopo 12 anni arriva l’assoluzione «definitiva» della Corte di Cassazione per il commercialista di Giugliano Alfredo Aprovitola, ritenuto per anni dalla DDA di Napoli un colletto bianco al servizio di una delle organizzazioni criminali campane più «longeve» e potenti, il clan Mallardo, facente parte con i Contini e i Licciardi della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. Già la Corte di Appello di Napoli, il 10 marzo 2022, aveva assolto Aprovitola dall’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, che in primo grado gli era costato sette anni di carcere. Un’accusa basata sulla denuncia di due esponenti del clan Mallardo divenuti collaboratori di giustizia (Tommaso e Rosario Froncillo, padre e figlio) che raccontarono ai magistrati anticamorra come il commercialista avesse imposto nel loro bar la fornitura del caffè Seddio, marchio la cui titolarità, come emerso da alcune sentenze irrevocabili, è riconducibile al clan Mallardo. I Froncillo riferirono peraltro di essere i gestori del bar, ubicato in un immobile di proprietà del commercialista. I legali di Aprovitola, gli avvocati Mario Griffo e Giulia Bongiorno, valorizzando un’intercettazione, hanno dimostrato che, in realtà, fu il commercialista a subire l’imposizione in quanto il bar era gestito quasi del tutto dai lui, il quale pagava fornitori e bollette, nonostante con i due Froncillo vi fosse un contratto di gestione. La circostanza ha indotto i giudici a ritenere illogico che Aprovitola, come effettivo gestore del locale, potesse fare un’estorsione a sé stesso e quindi a respingere, perché «inammissibile», il ricorso degli inquirenti.