Martedì 10 aprile 2012 alle ore 20.30, la Sala Assoli di Napoli ospiterà (fino a domenica 15 aprile) il debutto di DONGIOVANNA, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Giovanna Giuliani, e presentato, in prima assoluta, da Fondazione Salerno Contemporanea Teatro Stabile di Innovazione. Liberamente ispirato al libro “Il corpo senza qualità” di Fabrizia Di Stefano (edito da Cronopio), lo spettacolo è lo studio di una Dongiovanna su se stessa, la costruzione del suo personaggio, fino alla più autoironica e scettica autodemolizione.
I suoi tentativi di rovesciare sentimentalismo e comune morale, di forzare le pareti domestiche del quotidiano, la aiutano ad evadere dalle emotività istintive come gelosia e desiderio possessivo. La messinscena è, anche, il “dietro le quinte” di queste sue performances, con i suoi effetti “collaterali”, un duplice volto. Mentre dà lezioni a se stessa e pare convincersi di aver superato i luoghi più comuni del bisogno affettivo, si circonda di ostacoli, scalzando i suoi conati fallimentari e mettendo scetticamente alla prova la sua stessa resistenza, fino ad autodemolirsi e a spogliarsi del suo personaggio, crollando sotto i colpi sferzanti della sua autoironia. Le oscillazioni destabilizzanti dal drammatico profondo alla leggerezza più coraggiosa, dalla schiavitù più asservita e dipendente alla più spudorata e libera padronanza, raggiungono il parossismo, fino a toglierle la parola e ogni argomentazione, facendole perdere qualsiasi connotazione femminile e umana e affondandola in farneticazioni bestiali. La messinscena della Giuliani pone l’accento su questo tema, ed estende, anche al genere stilistico, l’elasticità e indefinitezza di genere sessuale, portando il tema stesso in scena e provando, come attrice, a dare forma al pensiero, stimolato da questa lettura. “Ho seguito e dato voce – spiega Giovanna Giuliani – agli alti e bassi di una tensione utopistica, quella di avere a che fare con un esemplare di dongiovanni, e corrispondergli non in funzione femminile, ma riflettendo tutta la sua sete di forme variegate. Perdendo connotati certi, in uno sforzo sovrumano, inciampa continuamente in debolezze e inadeguatezze”. Una lotta, dunque, anche di genere stilistico, con gli accenti parodistici e grotteschi di una commedia, che è continuamente “attentata” da fughe fuori-genere, tragico-sentimentali. Una bulimìa che varia continuamente, di genere in genere, e spinge verso l’insaziabilità del dongiovannismo, proprio alla continua ricerca di una variazione di genere. La protagonista si autodefinisce Ennesima, perché non riesce a trovare una collocazione certa di genere, sia sessuale, lottando in lei una forte vena maschile intrecciata a una femminile, sia stilistico, passando da euforie estreme all’incubo più violento e nero. E sceglie di non scegliere, diventando così un’eroina senza qualità, di genere ennesimo, sia stilistico, che sessuale.