Se le procedure fossero state seguite alla lettera, la tragedia di Brandizzo non si sarebbe mai verificata. E’ quanto emerge dai primi atti dell’inchiesta della procura di Ivrea, chiamata a fare luce sull’incidente che, l’altra notte, è costato la vita a cinque operai, travolti e uccisi da un treno in transito sui binari della ferrovia Torino-Milano, sulla linea convenzionale. Due persone sono state già iscritte nel registro degli indagati, ma è probabile che nelle prossime ore l’inchiesta sia destinata ad allargarsi. I primi due indagati sono i sopravvissuti dell’incidente: Antonio Massa, 46 anni di Grugliasco (Torino), addetto di Rfi al cantiere, il cosiddetto “scorta-ditta”, e Andrea Girardin Gibin, 52 anni di Borgo Vercelli, capocantiere della Sigifer, l’azienda vercellese che aveva in appalto i lavori di manutenzione sui binari, collega delle cinque vittime. Il primo, in particolare, presente sul posto a poca distanza dal cantiere, avrebbe dovuto impedire agli operai di iniziare il lavoro in attesa del passaggio del treno che li ha travolti. “Sono emerse gravi violazioni della procedura di sicurezza al momento dell’incidente”, ha spiegato la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione. Talmente gravi che, sebbene il fascicolo sia stato aperto per disastro e omicidio colposo, gli inquirenti non escludono si arrivi a ipotizzare il dolo eventuale. Circostanza che cambierebbe, e non di poco, la posizione degli indagati. “Non ci sarebbe stata l’autorizzazione a lavorare sui binari al momento del passaggio del treno”, aggiunge la procuratrice, che poi si sofferma sulle normative vigenti: “Stiamo anche lavorando per verificare se può essere considerata sicura la procedura complessiva. Quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato in una sede pericolosa come quella dei binari ferroviari”. Il semaforo al binario 1, infatti, era regolarmente verde all’imbocco della stazione di Brandizzo e i macchinisti del treno in transito, senza passeggeri, molto probabilmente in ritardo di qualche minuto secondo la tabella di marcia prevista, non sono stati avvertiti in merito alla presenza degli operai sui binari. Sono Marcello Pugliese, 52 anni, e Francesco Gioffrè, 29 anni, entrambi di Torino, che oggi pomeriggio, sentiti a Ivrea come persone informate sui fatti, hanno ribadito la loro versione alle pm Giulia Nicodemi e Valentina Bossi. Sulla loro posizione, al momento, non sono emersi profili di responsabilità. Secondo la ricostruzione effettuata dalla procura, inoltre, gli operai erano già lì da qualche minuto e stavano già sbullonando i binari quando è arrivato il treno: “Si è rischiata una situazione ancora più grave, perché se il convoglio fosse passato dopo la rimozione dei binari, prevista nel corso dei lavori di manutenzione, sarebbe deragliato”, ha confermato la procuratrice Viglione. Tutto fermo, per ora, per quel che riguarda il via libera ai funerali delle cinque vittime. Probabilmente nei prossimi giorni, attraverso alcune procedure tecniche, compresi test del Dna, si tenterà di procedere al riconoscimento dei resti. La giornata fuori dal capitolo giudiziario sul luogo dell’incidente è trascorsa tra visite istituzionali, fra cui quella di Tino Magni, presidente della Commissione di indagine sulle condizioni di lavoro, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro del Senato. Per i parenti delle vittime ancora dolore e richieste di giustizia, mentre si mobilitano raccolte fondi da più parti, come dal fondo di solidarietà per le vittime che le organizzazioni sindacali hanno chiesto a Rfi di creare con le trattenute economiche dello sciopero di oggi. Una quota che Rfi ha deciso di potenziare versando una quota equivalente. “Sono profondamente colpito, è una tragedia immane che non doveva accadere. Non è accettabile che delle persone che si svegliano al mattino o addirittura la notte, per andare a guadagnarsi da vivere, finiscano in questo modo”. Così il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, che questa mattina si è recato alla stazione di Brandizzo, teatro dell’incidente costato la vita a cinque operai nella notte tra mercoledì e giovedì. “Sono qui – ha detto il ministro dopo avere deposto un mazzo di fiori ed essersi soffermato a lungo, commosso, sulla banchina lungo i binari – per portare cordoglio e solidarietà alle vittime, alle famiglie e alla comunità di Brandizzo. Essere qua colpisce profondamente – ha aggiunto – e questo mi fa dire che tutti gli sforzi che stiamo facendo per la sicurezza sul lavoro sono importanti, ma non sufficienti, quindi dobbiamo continuare a lavorare, perché la sicurezza sul lavoro è una delle priorità in un Paese, di una Reputazione che è fondata sul lavoro. Lo dice la nostra Costituzione – ha concluso – e se noi vogliamo rispettare il dettato costituzionale dobbiamo fare in modo che queste cose non accadano più”. Il tema della sicurezza sul lavoro è uno dei temi sui quali non c’è motivo per dividersi dal punto di vista politico, non ci sono distinzioni ideologiche quindi dobbiamo essere capaci di stare uniti, di lavorare per trovare delle soluzioni. Penso sia interesse di tutti lavorare perché i lavoratori possano recarsi nei luoghi di lavoro con una adeguata serenità rispetto al tema della sicurezza”, afferma Zangrillo. “È fondamentale essere qui – dice -, un mio dovere come componente del governo, come cittadino del Piemonte, e lo sento come dovere di chi ha la possibilità di intervenire su un tema, quello della sicurezza sul lavoro, che è una delle priorità del Paese”. Citando i dati del 2022, “che descrivono un’Italia in cui ci sono tre morti sul lavoro al giorno”, Zangrillo la definisce “una situazione inaccettabile. Bisogna lavorare dal punto di vista tecnico, perché è evidente che tutti gli sforzi che si stanno facendo non sono ancora sufficienti – prosegue -, e dobbiamo lavorare dal punto di vista culturale, insegnare non solo ai lavoratori ma anche a chi non è ancora nel mondo del lavoro e dovrà affacciarvisi, che il tema della sicurezza è fondamentale. Chi va a lavorare deve non soltanto avere competenza per il suo mestiere, ma deve avere cura per la sua sicurezza e incolumità. Queste sono competenze che hanno lo stesso valore – conclude -. Non possiamo costruire un mondo di lavoratori che sanno fare il loro mestiere ma che poi sono sottoposti a rischi per la loro incolumità”.
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