Il pareggio di bilancio entra nella Costituzione, così come il controllo dei conti pubblici da parte di un “organismo indipendente”: questi obblighi, previsti dal Fiscal Compact approvato dal Vertice Europeo di marzo, sono contenuti nella riforma dell’articolo 81 della Carta Fondamentale, approvata oggi in quarta lettura dal Senato con 235 sì, 11 no e 34 astenuti; una maggioranza superiore ai due terzi che eviterà il referendum confermativo, previsto quando non si registra in Parlamento questo quorum. Tra i sì quello di Mario Monti che, in quanto senatore a vita, ha voluto solennizzare questo passaggio parlamentare.

“E’ un voto importante – ha detto – Bisognava esserci e io c’ero”. La riforma è quindi definitiva e mette l’Italia in condizione di “aver fatto i compiti” richiesti dall’Ue, pur tra i dubbi di una parte degli economisti di scuola keynesiana, compresi cinque premi Nobel, che contestano il rigorismo fiscale imposto dalla Germania. Le critiche si sono levate già l’anno scorso, quando dopo le richieste Ue tutti i partiti hanno presentato disegni di legge che introducevano questa riforma: tra le voci dissenzienti quelle di Tito Boeri, Fausto Panunzi e Giuseppe Pisauro. Poche settimane fa, poi, l’appello di cinque Nobel (Kenneth Arrow, Peter Diamond, William Sharpe, Eric Maskin, Robert Solow), diffuso dal sito Keynesblog.com. Solo gli investimenti, è la tesi, possono far crescere l’economia e rendere anche sostenibile il debito pubblico. Ma Keynes in questo momento non gode di buona stampa in un’Europa a guida Ppe. Sul piano politico, ai sì di Pdl, Pd e Terzo Polo non si sono sommati quelli di Idv e Lega, che pure avevano votato a favore nei tre precedenti passaggi al Senato e alla Camera. Addirittura Idv è stato il primo partito a presentare un ddl per il pareggio di bilancio il 24 marzo del 2011. Evidentemente la necessità di non essere accomunati a partiti di maggioranza li ha portati a questo “ribaltone”. Che segnerà una cesura profonda nei due schieramenti. Il nuovo articolo 81 afferma che “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. “Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta, al verificarsi di eventi eccezionali”. La riforma demanda poi a una legge ordinaria di attuazione il compito di definire quali sono gli “eventi eccezionali” che permettono lo sforamento di bilancio, tra cui sono annoverate “gravi recessioni economiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali”. In caso di sforamento ci dovrà però essere anche un “piano di rientro”. Insomma, se un anno finisce in deficit poi andrà recuperato e non finirà per accrescere il debito. E comunque la legge attuativa indicherà anche quale sarà il “limite massimo dello scostamento ciclico cumulato rispetto al Pil, al superamento del quale occorre intervenire con misure correttive”. Il che significa che se il deficit supererà tale limite, sarà obbligatorio per il governo in carica fare una manovra, senza temporeggiare o demandare la grana a chi gli succede. E nella legge di attuazione ci sarà la seconda grande novità, cioé l’istituzione “presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio”. Qualcosa di analogo al ‘Congressional Budget Office’ (Cbo) che esiste nel Congresso degli Usa. La Ue aveva chiesto un organismo indipendente dal Governo, ma anche dal Parlamento, per evitare situazioni in cui la maggioranza fosse indulgente con il proprio governo.

 

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