Altri due tibetani sono andati ad aggiungersi alla sempre piu’ lunga lista dei manifestanti che, in Cina o altrove, si sono uccisi con il fuoco per protestare contro la repressione cinese nella madrepatria: lo ha riferito un monaco buddhista che ha assistito al duplice suicidio, e la notizia e’ poi stata confermata anche dall’Ict, la Campagna Internazionale per il Tibet, organizzazione umanitaria con sede negli Stati Uniti.
Teatro del tragico gesto Barma, citta’ situata nella prefettura di Aba tra le montagne della provincia del Sichuan, nella Cina sud-occidentale: i due, identificati come Sonam e Choephak Kyap, entrambi laici e sulla ventina, si sono immolati davanti a un monastero invocando liberta’ per la loro terra; trasferiti in ospedale, sono deceduti poco dopo a causa delle gravissime ustioni riportate. E’ cosi’ salito ad almeno 34 il totale dei tibetani che dall’inizio del 2011 si sono dati fuoco per protesta, la maggior parte monaci o monache buddhisti: molti dimostranti non sono sopravvissuti. A Barma in particolare la tensione e’ alle stelle dallo scorso gennaio, quando le forze anti-sommossa della polizia spararono sulla folla, uccidendo come minimo una persona. Proprio ieri a Lhasa, capitale del Tibet, le autorita’ filo-cinesi hanno conferito una sorta di pubblico encomio a 6.773 religiosi buddhisti collaborazionisti, tra uomini e donne, definiti “patriottici e rispettosi della legge”.