L’allarme sugli organici e la sfida Pnrr, l’applicazione delle riforme sui processi nel penale e nel civile, l’aumento del crimine minorile, l’emergenza carceri e il fronte dei reati di genere come i femminicidi. E’ il quadro che emerge dall’avvio dell’anno giudiziario celebrato nelle 26 Corti di Appello territoriali. Cerimonie in cui viene fatto il punto sull’attività svolta negli ultimi 12 mesi. La criticità primaria resta quello del numero di magistrati impegnati e sul quale è intervenuto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che a Brescia ha annunciato che “entro il 2026” l’obiettivo è colmare il deficit sul numero delle toghe. “Il nostro impegno entro due anni – ha detto il capo del dicastero di via Arenula – è colmare integralmente questo vuoto”. Parole arrivate proprio negli stessi minuti in cui da Roma, così come da altre Corti, veniva lanciato un vero e proprio sos. “Nella Capitale il vero nodo della riforma del processo penale si può sinteticamente descrivere nella considerazione che nella Capitale d’Italia molti sono i reati, ma pochi i giudici destinati a farvi fronte”, ha affermato il presidente dell’Appello, Giuseppe Meliadò. Da Milano sembra fargli eco Giuseppe Ondei per il quale la giustizia non ha bisogno di “bulimia riformatrice” ma di “essere amministrata e finanziata per fronteggiare esigenze ordinarie e straordinarie come quelle imposte dagli obiettivi del Pnrr”. Obiettivi che, “in una situazione di crescente scopertura di organici del personale amministrativo”, e “di magistrati”, sono a rischio. Numeri preoccupanti per tutto il territorio come ad esempio a Firenze dove mancano 16 magistrati nel tribunale. “Siamo sull’orlo della paralisi. Siamo alla chiusura di alcuni servizi”. E’ il grido di allarme lanciato dal presidente dell’Appello, Alessandro Nencini. Stessa situazione nel distretto di Trieste o in Sicilia dove i “vuoti” raggiungono anche il 42%, record negativo della Procura di Agrigento. Sul fronte delle riforme, così come emerso dalla cerimonia in Cassazione, le toghe si schierano contro il “continuo cambio di leggi”. Per il capo dei pm di Napoli, Nicola Gratteri, “occorre una visione organica del codice penale, del codice di procedura penale dell’ordinamento giudiziario. Con questi interventi spot che certe volte sembrano contraddittori non andiamo da nessuna parte”. Dal canto suo il presidente dell’Appello di Palermo, Matteo Frasca, parlando anche della soppressione dell’abuso d’ufficio, afferma che la “paura della firma è un falso problema. La verità è che si temono i controlli. Il pubblico ufficiale esercita un potere a cui deve corrispondere una responsabilità”. In tema di prescrizione il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, afferma che i 26 presidenti delle Corti “hanno chiesto al ministro e al parlamento di fare proprie scelte, ma di assicurare una disciplina transitoria che consenta di riprogrammare il lavoro. Questa attenzione non c’è stata”. Per quanto riguarda l’attività di contrasto, dai distretti emerge l’aumento di reati predatori, come rapine e quelli che vedono protagonisti i minorenni. In Liguria e a Massa più reati commessi da under 18 rispetto a Milano, Torino e Firenze mentre a Catanzaro “la radicata presenza sul territorio di compagini di criminalità organizzata si traduce anche in un consistente fenomeno di criminalità minorile”. C’è poi il capitolo dei femminicidi. In Abruzzo è “emergenza” considerando che con i 5 registrati nel 2023 la regione ha il tasso più alto d’Italia, in un contesto nel quale salgono significativamente i cosiddetti reati di genere, come come maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali e atti persecutori. Per il procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicola, deve “cessare l’aspettativa che solo nella magistratura penale possa ricorrere l’antidoto ai femminicidi, che hanno in realtà ragioni culturali, ragioni in una scolarizzazione evidentemente insufficiente”. Infine il capitolo carceri. Per il presidente dell’Appello di Milano siamo in presenza di una condizione “di indecoroso degrado”. Nel solo Lazio il tasso di affollamento medio è pari al 119,2 per cento e con un aumento delle presenze del 6,4 per cento rispetto all’anno precedente. Sul “sistema carcere abbiamo davvero tanto da fare – afferma il viceministro Paolo Sisto annunciando l’assunzione di 236 nuovi educatori per i penitenziari – migliorando i principi costituzionali con l’architettura penitenziaria e con l’edilizia penitenziaria: cioè migliorando i luoghi esistenti e cercando ove fosse necessario altri spazi”. Si aggrava “la situazione” già “critica della sezione immigrazione” del Tribunale di Milano, “a causa dell’impressionante aumento delle procedure in materia di protezione internazionale e di asilo politico”, dato che “le sopravvenienze in materia” sono “aumentate anche quest’anno del 100%”. E’ l’allarme lanciato dal presidente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei nella sua relazione per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. I tempi di definizione dei procedimenti sull’immigrazione, dato anche il costante aumento dei ricorsi, “ha raggiunto la soglia preoccupante dei tre anni”. La questione è “delicatissima”, ha aggiunto, e “se il legislatore non interviene in tempi brevi, per la trattazione di queste cause, indicate come prioritarie, si arriverà a dover distogliere un numero elevato di magistrati dall’esercizio della giurisdizione ordinaria, quella che interessa tutti i cittadini comuni, con conseguente rilevante aumento dei tempi di giustizia”. Si pensi, ha spiegato ancora, “che in meno di 18 mesi sono stati tolti alla Corte di Appello di Milano ben tre consiglieri per applicarli alle sezioni immigrazione dei Tribunali di Cagliari, Roma e Torino: credo che il limite di resilienza della Corte sia stato ampiamente superato e ci legittimi a dire: adesso basta!”. “A Roma, il vero nodo della riforma del processo penale si può sinteticamente descrivere nella considerazione che nella Capitale d’Italia molti sono i reati, ma pochi i giudici destinati a farvi fronte”. E’ quanto afferma il Presidente della Corte di appello di Roma, Giuseppe Meliadò, nella sua relazione in occasione della inaugurazione dell’Anno giudiziario. “Nell’anno trascorso – aggiunge – hanno iniziato a dispiegare i propri effetti le riforme processuali civili e penali che, con incessante frenesia, il legislatore ha varato per arginare tempi del processo, secondando le sollecitazioni della Commissione europea, anche se il problema era da lungo tempo nella nostra agenda istituzionale”. Per Meliadò il “processo civile, dal 1990 ad oggi, è stato un cantiere continuo di riforme, che è stato sconvolto da una bulimia riformatrice, che produce riforme senza attendere gli esiti di quelle già varate, e comunque dalla decisa sottovalutazione dell’idea che, nel nostro paese, il problema della giustizia civile non è un problema di rito, ma eminentemente di risorse poste a disposizione della giurisdizione e della loro efficiente organizzazione. L’ultima riforma del processo civile è stata pensata con l’affermata finalità della riduzione dei tempi processuali, ma con una serie di criticità che, per diffusa opinione, lasciano facilmente intravedere che lo scopo ben difficilmente potrà essere raggiunto, a parità di personale e mezzi disponibili. Quanto al processo penale, un punto è certo con riferimento all’efficacia deflattiva delle nuove norme: la riforma Cartabia poteva osare di più rispetto al vero male”. E ancora: “è difficile, tuttavia, ipotizzare che nella Corte di appello di Roma il complesso di interventi che hanno riguardato il processo penale siano in grado di determinare a breve un significativo cambio di passo nei tempi di definizione del processo penale, considerato complessivamente nei suoi vari gradi e nelle varie fasi del giudizio”. “Per quantità e qualità dei fenomeni che si sono progressivamente radicati nel territorio della Capitale ma anche nei circondari di Latina, Velletri, Cassino e Frosinone, la realtà criminale del Lazio è oramai comparabile a quelle delle “capitali storiche” della criminalità organizzata del Paese. A Roma pochi giudici fronteggiano una criminalità in crescente espansione”. Ha spiegato Meliadò. Nel Lazio “sono state emesse 36.567 sentenze di primo grado, di queste 17.399 sono state pronunce assolutorie, con una percentuale complessiva del 47,5%”. Lo afferma il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Salvatore Vitello. “La capienza regolamentare complessiva degli istituti penitenziari della regione è di 5.287 posti, con un tasso di affollamento medio pari al 119,2 per cento e con un aumento delle presenze del 6,4 per cento rispetto all’anno precedente”. “In tale condizione di criticità vanno anche considerati i dati drammatici su suicidi ed episodi di autolesionismo che registrano un aumento – aggiunge -. La problematica attinente alla salute mentale dei soggetti autori di reato e della conseguente necessità di applicazione di misure di sicurezza si scontra con insufficienza delle strutture rispetto al fabbisogno. Sul fronte penitenziario, si osserva che nel Lazio le dinamiche di crescita della popolazione detenuta risultano più intense sia per quanto riguarda i detenuti con pene inferiori a 5 anni che sono cresciuti del 10%, sia per coloro che devono scontare condanne di maggiore entità che hanno fatto registrare un tasso di crescita del 7,6%. Diminuiscono nella nostra regione le persone detenute in attesa di giudizio (6,5%)”. Mancano all’appello 16 magistrati al tribunale di Firenze. Lo ha evidenziato il presidente della Corte d’appello di Firenze Alessandro Nencini alla cerimonia per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario 2024. L’organico dell’ufficio giudiziario del capoluogo toscano, “suddiviso in cinque sezioni civili, una sezione lavoro, tre penali, ufficio gip/gup, tribunale del riesame e una corte di assise, dovrebbe essere di 99 giudici”. Invece “tale situazione di criticità è destinata ad aggravarsi ulteriormente entro la fine dell’anno fino a raggiungere la percentuale di scopertura dei posti di giudice del 25,68%”, si legge nella relazione. “La severa carenza di organico, frutto della mancata pubblicazione di posti o numericamente insufficiente, unita alla mobilità dei magistrati senza turn over, è una variabile di cui si deve tenere conto in quanto in grado di influire negativamente nonostante i risultati brillanti sul raggiungimento degli obiettivi del Pnrr”. La mancata copertura dell’organico “appare seria se rapportata alle molteplici competenze che ricadono sul tribunale di Firenze, (in alcuni casi distrettuali) la cui attività interessa una popolazione residente al 31 dicembre 2020, pari a 998.431 cittadini”. Pochi giudici se si considera che “al tribunale di Firenze sono state attribuite controversie già del tribunale per i minorenni” ed è già sede di Direzione distrettuale antimafia, del tribunale del Riesame, del tribunale di impresa, della sezione specializzata in materia di immigrazione e del collegio per le misure di prevenzione. In crescita lo smaltimento dei procedimenti giudiziari arretrati, che è un obiettivo per il Pnrr, al tribunale di Firenze, sia al civile sia al penale. E’ quanto emerge dalla relazione di Nencini. In particolare nel 2022, al tribunale di Firenze sono stati definiti 12.558 procedimenti civili, rispetto ai 9.839 iscritti con una conseguente riduzione dell’arretrato. Nel primo semestre 2023, è stato confermato il risultato positivo: 6281 cause civili definite rispetto alle 6250 iscritte, con un clearance rate (la misura utilizzata a livello europeo per monitorare la capacità dei sistemi giudiziari e dei singoli uffici di smaltire i procedimenti sopravvenuti) pari a 1.0. Migliora lo smaltimento di arretrato anche nel settore penale, sempre al tribunale di Firenze dove tra il secondo semestre 2022 e il primo del 2023, il tribunale ha smaltito l’arretrato con un +17,2% rispetto al precedente periodo. “Si registra una riduzione di pendenze dei procedimenti penali del 17,1% con un netto miglioramento rispetto al precedente periodo (- 2,7%) e i dati disaggregati mostrano una riduzione in tutti gli ambiti tranne la corte d’assise le cui pendenze risultano stabili”. “Siamo sull’orlo della paralisi, e non uso parole avventate. Siamo alla chiusura di alcuni servizi” la denuncia dal presidente della corte d’appello, rispetto alle risorse che necessiterebbero per il buon funzionamento degli uffici. “Faremo di tutto per coprire con il volontariato ciò che le istituzioni non mettono a disposizione – ha anche detto Nencini – Ma si tratta di una resistenza che non so fino a che punto potrà andare avanti”. “E’ ragionevole la prospettazione, in base a una serie di significative circostanze emerse da indagini, che in Toscana siano stati, da tempo, inseriti capitali nel circuito” inoltre “l’evoluzione delle mafie verso forme di attività illecite più moderne e sofisticate, così da essere più funzionali al riciclaggio e reinvestimento dei capitali illeciti, mediante l’inserimento nei circuiti economici legali, comporta la creazione di reti relazionali nelle quali non è infrequente registrare anche la compresenza di soggetti che sono espressione di interessi di mafie diverse o di interessi non mafiosi”. Lo ha detto il procuratore generale presso la corte d’appello di Firenze, Ettore Squillace Greco, alla cerimonia di inaugurazione distrettuale dell’anno giudiziario 2024 rispetto a un fenomeno che si registra “nel centro nord del Paese, Toscana compresa”. “Sarebbe un grave errore giungere alla affrettata conclusione che la Toscana sia indenne dal fenomeno mafioso – ha detto -, sebbene negli ultimi cinque anni non sia divenuta irrevocabile alcuna sentenza per associazione per delinquere con riferimento alle mafie storiche. Le indagini negli ultimi 10, 15 anni, i conseguenti processi con relative condanne, dimostrano l’esatto contrario”. “La Toscana – ha sottolineato Squillace Greco – è un territorio nel quale la presenza mafiosa non si caratterizza, di regola, con l’intimidazione diffusa” perciò “occorre affinare ancor più i meccanismi di rilevazione degli elementi sintomatici della presenza mafiosa che oggi è soprattutto presenza nei circuiti economici”. “Occorre, dunque, saper tempestivamente cogliere nelle indagini sui reati comuni e in particolare quelli in materia economica, i segnali di presenza delle nostre mafie storiche e della criminalità organizzata in genere – ha indicato Squillace Greco -. Da qui, la necessità di un impegno particolare della Dda, delle procure circondariali e di un costante coordinamento tra queste e la Dna. Svolgere una funzione agevolatrice di questo virtuoso percorso, nei limiti di legge e senza invadenza alcuna, è uno degli obiettivi che deve porsi la procura generale presso la corte di appello di Firenze”. In Liguria e a Massa più reati commessi da minori rispetto a Milano, Torino e Firenze. È il dato che emerge dalla relazione della presidente della corte di appello di Genova Elisabetta Vidali nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Si è assistito un allarmante aumento delle iscrizioni di notizie di reato del 38,9%. I minori imputabili censiti in Liguria e nella provincia di Massa sono 54.850 e si riscontra un rapporto di 335 reati ogni 10.000 minori imputabili. Utilizzando i medesimi criteri nel distretto di Milano, si registrano invece 165 reati, nel distretto confinante di Torino 146 e nel distretto di Firenze 172”. “Val la pena di rammentare in proposito che una buona parte dei reati commessi dai minorenni vedono come parte offesa a loro volta un minorenne”, prosegue Vidali. “In aumento il problema della sofferenza psichiatrica del minore, che registra l’assenza di una adeguata e moderna disciplina delle misure di sicurezza per i minorenni. Da questi dati emerge dunque come l’ordinamento non riesca ad affrontare sul piano sanitario il malessere minorile, non potendosi dimenticare che il carcere non è un luogo di cura e che il processo penale e la pena non possono sostituire la risposta terapeutica”, conclude la presidente. Lo scorso anno le forze dell’ordine nel territorio del distretto della Corte di appello di Napoli hanno scoperto frodi al bilancio nazionale e comunitario per circa 258 milioni di euro. È quanto emerge dalla relazione del presidente facente funzioni della Corte di appello di Napoli, Eugenio Forgillo, illustrata in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli. Nel settore dei pubblici incanti sono risultati oggetto di assegnazione irregolare somme per 28 milioni di euro. Il presidente Forgillo ha evidenziato inoltre come “il tema dell’abuso di ufficio costituisca una consistente parte delle indagini delle forze dell’ordine in questo territorio”. “I buoni risultati, addirittura ottimi in alcuni settori, conseguiti nell’anno giudiziario da tutti gli Uffici del distretto e fin qui illustrati non possono fare dimenticare, o, peggio, indurre a sottacere, che sono stati ottenuti con risorse umane e materiali ridotte, in contesti logistici e tecnologici spesso precari”. Lo afferma nelle sue conclusioni il presidente della Corte d’appello di Catania, Filippo Pennisi, nella relazione d’apertura dell’Anno giudiziario. “E neanche nella più deteriore, e non condivisa, visione aziendalistica del mondo della Giustizia statale – aggiunge – sarebbe accettabile la pretesa alla pienezza di risultati laddove si registrassero, come nel nostro distretto, percentuali medie di scopertura di oltre il dodici per cento per l’organico di magistratura, di circa il venti per cento per il personale amministrativo e di quasi il cinquanta per cento per quell’altro personale, tecnico e amministrativo, che ancora oggi contribuisce, pur con tutti i limiti illustrati in questa relazione, a raggiungere gli obiettivi cui il Paese si è impegnato nell’ambito del Piano straordinario di Ripresa e Resilienza, approvato dagli organi comunitari nel corso del 2021 e che ha individuato, come principale linea d’intervento nel campo della giustizia, il potenziamento della struttura organizzativa denominata “ufficio per il processo”. “E così da alcuni decenni – osserva il presidente Pennisi – occorre fare i conti con caotici testi legislativi, contenenti riforme più o meno epocali, di regola a invarianza finanziaria, che spaziano dal campo sostanziale ai meccanismi processuali a, financo, gli assetti ordinamentali, ciascuna celebrata come panacea dell’annoso problema dei ritardi dell’amministrazione della giustizia, in realtà con inevitabili sovrapposizioni, possibili incongruenze, problemi interpretativi e di diritto intertemporale, laddove l’unica misura realmente efficace per garantire la ragionevole durata dei processi è, molto semplicemente, quella di dotare gli uffici giudiziari dei mezzi necessari e sufficienti a compiere il loro dovere, che è quello di rendere Giustizia al comune cittadino”. “Cosa nostra è fluida e resta sommersa per accumulare capitali, reinveste in attività pulite attraverso insospettabili, ma mantiene sempre un connotato di violenza, non dimentichiamolo altrimenti la confonderemo con un comitato d’affari. La mafia può sempre compiere atti violenti per mantenere credibilità”. Lo ha detto la procuratrice generale di Palermo Lia Sava intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto di corte d’appello di Palermo. “Registriamo inoltre un significativo turn over tra arrestati che entrano in carcere e chi esce e ciò ci allarme”, ha aggiunto. “Dopo l’ arresto di Matteo Messina Denaro i boss si concentrano sugli appalti per sedersi al tavolo con un mondo con cui interagisce da sempre. Occhio, perciò, alle carenze dei sistemi di governance. Non dobbiamo mai mostrare debolezza perché siamo davanti a un’organizzazione criminale in movimento”, ha concluso, richiamando l’attenzione sul fatto che la carenza di organico in magistratura rischia “di vanificare il lavoro di 30 anni contro la mafia”. Sequestrati a Messina Denaro 800mila euro. “A Matteo Messina Denaro nel corso delle perquisizioni effettuate dopo l’arresto sono stati sequestrati 500mila euro in gioielli e 300mila in contanti, somme subito fatte confluire nel Fondo Unico per la giustizia”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Home Primo Piano Primo Piano L’allarme dei magistrati: “Riforme inutili e pochi giudici”. Nordio: “Entro il 2026...