Se nel centrodestra Alfonso Oliva è come un bambino al lunapark che vuole abbattere tutte le lattine per vincere il peluche più grande, nel centrosinistra Eugenio Marino punta esclusivamente al trofeo del campo largo. Sia l’ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia che il commissario cittadino del Pd sembrano affetti da una forma acuta di miopia politica. Il meloniano è impegnato in una forsennata eliminazione diretta di candidati sindaco (finora ne ha fatti fuori 5-6) nella speranza, al termine del gioco al massacro, di essere l’unico ancora vivo e quindi di accaparrarsi la leadership della coalizione per buona pace di Antonio Farinaro. Il capo pro tempore dei dem aversani sta cercando di cucire l’abito del centrosinistra partendo dal lembo estremo del tavolo tra Pd, M5S, La Politica che Serve, Alleanza Verdi e Sinistra, Centro democratico e Aversa Progressista.
Entrambi, sia chiaro, con motivazioni molto differenti, sbagliano e prestano il fianco al centro. Che, sarà anche per una questione geometrica, ha raggiunto un equilibrio sul nome del candidato sindaco Franco Matacena. Tra i promotori della coalizione moderata c’è chi mostra limiti strategici: porre veti ai simboli di partito impedisce il sano dialogo tra civismo e politica. Un’assurdità. In ogni caso il polo guidato da Matacena ha preso forma. A differenza di un centrodestra ancora in preda a tatticismi che alla fine della fiera potrebbero determinare l’implosione della coalizione confermando ancora una volta l’incapacità della coalizione di fare squadra a causa di insuperabili personalismi. Nel centrosinistra il tema è politico. Da Roma (Elly Schlein) e da Caserta (Susanna Camusso) Marino ha avuto una mission chiara, nonostante l’arretramento in Puglia e in Piemonte: perseguire l’intesa con i pentastellati e con tutte le forze alternative al governo Meloni. Una linea coerente che però non tiene conto di due aspetti fondamentali. Il primo: l’obiettivo politico rischia di essere vanificato dalla candidatura a sindaco dell’ex dem Eugenia D’Angelo che guarda quasi esclusivamente all’elettorato di sinistra. Il secondo: l’idea di considerare il centrosinistra autosufficiente e competitivo senza almeno una parte del centro si basa su un ragionamento che non aderisce alla realtà aversana. Senza l’alleanza con un pezzo dei moderati il centrosinistra non avrebbe chance di vittoria. Che senso ha piantare la bandierina del campo largo partendo sconfitti in partenza? Per non dire che senza i centristi sarebbe un campo ristretto.
La sensazione è che Marino non abbia intenzione di dialogare con le forze moderate perché ha già in mente il leader della coalizione. Il commissario cittadino del Pd punta sul sindaco uscente Alfonso Golia. Spetterebbe a lui “sfondare” nell’elettorato centrista com’è avvenuto alle ultime comunali. Ma rispetto a 5 anni fa lo scenario politico locale è completamente mutato. L’amministrazione uscente non ha brillato. L’ex primo cittadino ha deluso soprattutto i suoi supporter moderati (borghesia e mondo cattolico). Golia è molto più debole anche perché non può più giocarsi l’asso nella manica del rinnovamento. Estrarre lo zainetto rosso e il megafono dallo sgabuzzino sarebbe un boomerang. Un quinquennio fa il centrosinistra maramaldeggiava sulle macerie amministrative di un centrodestra balcanizzato e di un centro disorganizzato. Oggi un Golia bis perderebbe colpi sia trai moderati che a sinistra. Che fare? Costruire un campo davvero largo. Una mission difficile ma non impossibile. Marino ha il dovere di provarci. Lo impone la politica. Lo chiede una fetta della città.
Mario De Michele