La figura di Mario Draghi, che ha sferzato l’Europa chiedendo un cambiamento radicale e ha fatto irruzione nelle Europee spiazzando i partiti, accende il dibattito in vista del voto Ue di giugno. “Abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Nella relazione che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare proporrò un cambiamento radicale”, queste le parole di Mario Draghi che hanno scosso la politica, da Bruxelles a Roma. Per il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, “Draghi ha centrato il punto nello stressare il fatto che alcune delle nostre politiche sono state disegnate 20, 30 anni fa e in questi anni il mondo è cambiato. La competitività è stato un fatto soprattutto interno all’Ue ma non abbiamo affrontato l’argomento dal punto di vista della competitività nel contesto globale. Necessitiamo di una politica industriale assertiva, ed è per questo che il cambiamento radicale a cui fa riferimento Mario Draghi si sta gradualmente verificando ma è assolutamente necessario”. Mario Draghi è “un amico formidabile. Attendo con entusiasmo il suo rapporto. E’ una persona che ha lavorato molto per il vostro Paese, è stato un grande presidente del Consiglio”. Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron rispondendo – a margine della riunione di Renew pre-Consiglio europeo – ad una domanda sull’ex premier italiano. Interpellato nello specifico su come vedrebbe Draghi alla presidenza della Commissione, Macron ha replicato con un sorriso: “Non si fa politica così…”. Poco prima, alla stessa domanda, aveva spiegato: “Le nomine si fanno dopo il voto, bisogna prima convincere i cittadini sui programmi”. Perfino Viktor Orban, che per la seconda volta esprime il suo gradimento, ma precisa di non voler “interferire” con questioni italiane. Perché è chiaro che il nome dell’ex banchiere riempirebbe nella commissione la casella che spetta all’Italia. E che non potrebbe che essere, nel caso, un nome portato da Roma. Il primo ministro ungherese, peraltro, incorona Meloni come possibile “guida” dei conservatori europei, mentre sono aperte le trattative per un ingresso del suo partito in Ecr di cui lei è presidente. Ma la questione Orban, così come quella di eventuali altri ingressi, è rinviata sempre a dopo il 9 giugno. Nel frattempo a Roma a spingere per un ruolo in Ue per l’ex premier ci sono i partiti più piccoli. Da Matteo Renzi, che presenterà Stati Uniti d’Europa sabato, a Carlo Calenda, che si presenta con ’Siamo europei’. Stoccate all’ex premier arrivano invece, dal ministro Matteo Salvini. Memore forse, che sia stato proprio l’appoggio al governo di Mario Draghi ad aver alimentato la perdita di consensi della sua Lega, che nel 2019 aveva superato il 30% e, adesso, lotta per non venire scalzata da Forza Italia intorno all’8%. Oppure c’è il timore che un’eventuale nomina dell’ex banchiere centrale ai vertici delle istituzioni europee possa isolare il suo gruppo, Identità e democrazia, dal Cencelli brussellese. Qualunque sia il motivo, Matteo Salvini ha pensato bene di provare a stroncare questa eventualità, anticipando i paragrafi dedicati a Draghi del suo libro, “Controcorrente”, che uscirà il 30 aprile. Una ricostruzione risentita del difficile rapporto con l’ex premier lungo i ventuno mesi del governo di emergenza nazionale. Salvini racconta i retroscena della formazione dell’esecutivo, non risparmiando a Draghi giudizi e critiche. Una relazione mai decollata, viziata già in partenza per “il metodo sbagliato” usato dal banchiere sulla scelta dei ministri della Lega, comunicati dieci minuti prima al segretario del partito. Ma il passaggio più clamoroso è quello in cui Salvini conferma le trattative in prima persona di Draghi per diventare presidente della Repubblica: “Ricordo un ultimo incontro in cui sondava la disponibilità della Lega. Alla mia domanda diretta: “In caso di sua elezione che ne sarà del governo? ”, la risposta non arrivò. O meglio, ci fu un “ne parleremo dopo…”. Il tempismo dice tutto, il messaggio è chiaro: Salvini vuole bruciare la carta Draghi in Europa, facendosi portavoce del No di Identità e democrazia, famiglia politica europea dell’ultradestra dove siede anche la francese Marine Le Pen. Questa sembra la risposta alla grande paura di Matteo Salvini, ritrovarsi isolato in Europa, con Mario Draghi al vertice delle istituzioni continentali e l’estrema destra completamente fuori dai giochi.