Giorgia Meloni rivendica il suo posizionamento in Europa. Da un lato afferma di essersi comportata da “leader europeo”, valutando che la traiettoria tracciata da Ursula von der Leyen non fosse quella giusta (e quindi votando contro il suo bis), dall’altro esclude di aver isolato l’Italia in Ue, facendo intendere che i canali con la presidente della commissione Ue non sono affatto chiusi. E che il dialogo continuerà, in particolare in vista delle nomine, per cui l’Italia continua ad ambire a deleghe di peso: economia, industria, competitività o coesione. Ma, mentre la premier si prepara alla nuova, cruciale, trattativa europea che dovrebbe entrare nel vivo già la prossima settimana, in casa le deflagra lo scontro tra gli altri due azionisti di governo: Lega e Forza Italia. In Europa “il Ppe ha vinto, darà la linea e darà le carte. E noi staremo nella cabina di comando”, scandisce il leader azzurro Antonio Tajani, unico in maggioranza ad aver sostenuto l’Ursula bis. Come vicepresidenti di Metsola “sono stati eletti dei conservatori”, non “dei dei patrioti, che ancora una volta si dimostrano ininfluenti. Il problema è che anche i patrioti italiani rischiano di essere ininfluenti all’interno dei patrioti europei”, l’affondo diretto a Matteo Salvini. La Lega risponde ancor più tagliente: “Votare con la Schlein per una poltrona è imbarazzante. Meglio senza vicepresidenti che con Verdi e sinistre”. Un attacco che probabilmente Tajani aveva messo in conto, tanto da replicare in anticipo: “Qualcuno dice che abbiamo votato come Schlein e i Verdi, potrei dire che chi ha votato no ha votato come Salis e Conte. Ma sarebbe una risposta puerile. Noi abbiamo fatto una scelta coerente”. Ora FI avrà la possibilità di “vigilare anche affinché non ci siano deviazioni che vadano nella direzione sbagliata, soprattutto sul cambiamento climatico”. E di poter incidere per “rivedere la scellerata norma che impone il blocco delle auto non elettriche a partire dal 2035”. Forse non a caso, uno dei cavalli di battaglia del leader leghista. Lunedì si terrà un Consiglio dei ministri che sarà la prima occasione per un confronto all’interno delle forze di maggioranza ma per il momento Meloni si tiene lontana dalle polemiche. Ora deve occuparsi di ritagliare per l’Italia il posto di “peso che merita” in commissione, nonostante il no al bis di Ursula von der Leyen. La strategia è evidenziare la distanza politica dalla nuova maggioranza europea senza mai sferrare attacchi frontali nei confronti della presidente. “Se cerchi di mettere insieme tutto e il contrario di tutto, alleando forze politiche che non la pensano allo stesso modo su nulla rischi di non avere una visione chiara”, dice in un’intervista al Corriere della Sera la presidente del Consiglio. Con von der Leyen “abbiamo collaborato fino ad ora e continueremo a farlo anche in futuro – sottolinea – Tutti riconoscono il peso e il ruolo dell’Italia e sono certa che queste saranno le valutazioni che si faranno quando si definiranno le deleghe”. Se il nome in pole per l’Italia – molto apprezzato anche a Bruxelles – resta quello di Raffaele Fitto, il via libera definitivo di Meloni sarà legato a due fattori in particolare, ovvero la delega europea che riuscirà ad ottenere e la soluzione di un rebus tutto interno: come sostituire eventualmente il ministro nell’esecutivo. Senza dimenticare che la premier dovrà indicare anche il nome di una donna per soddisfare la parità di genere. Fitto attualmente possiede deleghe cruciali (Affari europei, politiche di coesione e Pnrr) che fanno gola a molti, dentro ma soprattutto fuori dal suo partito. Ma, difficilmente i meloniani rinuncerebbero a quella poltrona che – paradossalmente – potrebbe anche scomparire formalmente, qualora la premier decidesse di incamerarne gli incarichi o suddividerli tra i suoi sottosegretari. In alternativa, potrebbe profilarsi la necessità di un mini-rimpasto. Il dossier sarà affrontato al più presto – dicono i bene informati – parallelamente alla questione delle nomine. Da Fratelli d’Italia continua a trapelare ottimismo sulla trattativa delle prossime settimane. Deleghe considerate minori come quella sul Mediterraneo, per ora non vengono proprio contemplate.