L’Idf, l’esercito israeliano, afferma di aver ucciso stamani in un attacco aereo il comandante militare di Hamas di Tulkarem, in Cisgiordania, in un omicidio mirato che ha colpito un veicolo uccidendo altre quattro persone. Lo riportano i media israeliani. La vittima principale viene identificata in Sheikh Haitham Balidi, comandante di Tulkarem delle Brigate Izzadin al-Qassam, l’ala militare di Hamas. L’agenzia palestinese Wafa ha dato notizia di un veicolo colpito dall’aria civino a Tulkarem con cinque morti, senza tuttavia svelarne l’identità. L’attentato è stato compiuto con un drone militare israeliano, che ha colpito il veicolo palestinese sulla strada fra Zeita e Attil, a nord-est di Tulkarem. Gli Stati Uniti rafforzeranno la loro presenza militare in Medio Oriente, schierando ulteriori navi da guerra e aerei da combattimento per proteggere il personale statunitense e difendere Israele, sullo sfondo delle crescenti tensioni nella regione: lo ha annunciato ufficialmente il Pentagono. L’annuncio arriva dopo che l’Iran e i suoi alleati regionali hanno giurato rappresaglie per le uccisioni di un leader di Hamas a Teheran e di un comandante di Hezbollah a Beirut, alimentando i timori di un più ampio conflitto in Medio Oriente. “Il Dipartimento della Difesa continua ad adottare misure per mitigare la possibilità di un’escalation regionale da parte dell’Iran o dei partner e degli alleati” di Teheran, ha affermato in una dichiarazione la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh. Gli Stati Uniti sono convinti che l’Iran risponderà “nei prossimi giorni” all’umiliazione dell’omicidio di Ismail Haniyeh in casa propria, non rivendicata ma ampiamente attribuita a Israele. Ieri Joe Biden, in una telefonata con il premier Benyamin Netanyahu a cui ha assistito la vicepresidente Usa Kamala Harris, ha ribadito il suo impegno per la sicurezza di Israele contro tutte le minacce provenienti dalla Repubblica islamica e dai suoi alleati, compresi i gruppi terroristici che sostiene, cioè Hamas, Hezbollah e Houthi. La Casa Bianca in una nota ha riferito che il commander in chief “ha discusso gli sforzi per sostenere la difesa di Israele contro le minacce, compresi i missili balistici e i droni, per includere nuovi schieramenti militari difensivi americani”. E tuttavia il presidente americano ha sottolineato a Netanyahu “l’importanza degli sforzi in corso per ridurre le tensioni più ampie nella regione”. Non solo: secondo indiscrezioni riferite da Axios, avrebbe intimato con fermezza a Bibi di “smetterla di aumentare le tensioni nella regione e muoversi immediatamente verso un accordo sugli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza”, insistendo sulla preoccupazione per l’escalation in Medio Oriente e aggiungendo che l’assassinio in Iran del leader politico di Hamas “non ha aiutato la situazione”. Insomma, una conferma dell’insofferenza americana verso le mosse di Netanyahu che subito dopo l’assassinio di Hanyeh aveva spinto Antony Blinken a dire pubblicamente che Washington non era coinvolta né era stata informata del raid. Nessuna certezza intanto sulla data in cui la teocrazia iraniana potrebbe lanciare la sua risposta contro lo Stato ebraico. Anche se dal frenetico lavoro di intelligence in corso, con notizie che rimbalzano dall’Atlantico al Mediterraneo, sembrerebbe che un momento gradito a Teheran per il peso simbolico e l’impatto emotivo potrebbe cadere tra il 12 e il 13 di agosto, data in cui viene ricordato il giorno più triste del calendario ebraico: il Tisha B’Av, ovvero l’anniversario della distruzione del Tempio. In ogni caso, che i raid vengano lanciati nei prossimi giorni sembra dato per scontato. Le prove generali del resto sono già state fatte ad aprile, tra la sera di sabato 13 e la notte di domenica 14, quando per la prima volta nella storia Teheran ha lanciato un attacco diretto contro Israele come rappresaglia per il bombardamento del consolato iraniano a Damasco, avvenuto all’inizio del mese. In quei raid senza precedenti, sebbene in qualche modo ‘telefonati’, Teheran sparò centinaia di missili e droni, sciami di ordigni intercettati per il 99 per cento molto prima che arrivassero vicini ai confini del bersaglio. Perché gli alleati occidentali di Israele, con l’aiuto anche di Paesi arabi dell’area, aprirono un ombrello antimissile abbattendo le bombe degli ayatollah molto prima di raggiungere l’obiettivo. Proprio su questa circostanza, ieri il leader degli Hezbollah Hasan Nasrallah ha dichiarato che “l’Asse della resistenza sta preparando una risposta reale, non una risposta farsa”. La milizia sciita libanese legata a Teheran oggi si è data da fare per evacuare verso il centro della città la sua roccaforte nel sobborgo di Daaheh a Beirut, il quartier generale preso di mira da Israele nei giorni scorsi con l’eliminazione del comandante militare e numero due di Hezbollah Fuad Shukr. Parallelamente il Centro siriano per il monitoraggio dei diritti umani ha riferito che le milizie filo-iraniane nella zona di Deir ez-Zor in Siria hanno portato di prima mattina due tir carichi di armi dall’Iraq. In giornata, mentre tutti gli alleati di Khamenei si sono preparati alla chiamata alle armi, Israele ha avuto incontri e colloqui con in suoi alleati più stretti. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha incontrato il suo omologo britannico, il segretario di Stato per la Difesa del Regno Unito John Healey, per una “valutazione della situazione operativa”. Tra gli scenari discussi sicuramente due possibilità: un attacco simultaneo dell’Iran con Hezbollah, o una risposta separata da ciascuna parte. Gallant in serata ha parlato al telefono anche con il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin: al centro del colloquio, ha detto il ministero, “la cooperazione tra i due Paesi in materia di difesa di fronte alle minacce poste dall’Iran e dai suoi alleati”. Gallant ha assicurato a Austin “l’impegno di Israele a raggiungere rapidamente un accordo per il ritorno degli ostaggi a casa”.

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