Manca il suggello dell’ufficialità. Che arriverà dopo la pausa estiva. Ma di fatto Giuseppe Fiorillo è tornato in politica. Sarà candidato sindaco di Cesa alle prossime comunali. L’ex primo cittadino, già vicepresidente della Provincia di Caserta, rappresenta un’alternativa seria e credibile all’attuale fascia tricolore Enzo Guida. Per gli elettori, “grandi” e “piccoli”, non ci saranno alibi. Dovranno scegliere tra l’attuale gestione amministrativa e un progetto nuovo, basato sulla cittadinanza attiva e sul civismo, quello vero. Fiorillo non ha bisogno di presentazioni: stimatissimo medico, per anni “cuore” dell’Azione cattolica (quella “libera”, non “occupata militarmente”), per un decennio a capo dell’amministrazione locale sotto la stella polare dell’onestà e della competenza. Onestà e competenza che saranno la cifra distintiva della sua nuova avventura. Sull’altro versante ci sarà il sindaco uscente Guida oppure una sua “creatura”, cambia poco. La contrapposizione è solare. Il bivio è inevitabile. Il cambiamento è possibile. Parola ai cittadini. Se sceglieranno di premiare il “sistema” della maggioranza che oggi governa il paese auguri e figli maschi. Se volteranno pagina ridando fiducia a Fiorillo spazzeranno via la cappa che è calata sulla città. Ecco, uno dei temi della prossima campagna elettorale ruoterà attorno al perno della democrazia. Non è fuffa. È un problema gigantesco. Guida ha alimentato con scienza e (in)coscienza un “sistema” monarchico. Tutto il potere nelle mani del sindaco. Un potere inquietante sorretto da un’amministrazione comunale svuotata da qualsiasi armamentario politico e riempita con tutt’altra roba che con la politica non ha nulla a che vedere. Un circolo vizioso che si autoalimenta. Peggio ancora: un circolo vizioso ritenuto virtuoso, o quanto meno fatto apparire come tale. La narrazione della maggioranza, il tam tam social e l’informazione di regime sono gli immancabili accompagnatori di una gestione amministrativa che “impone” invece di condividere, che “fa paura” reprimendo ogni voce critica, che non si confronta con gli avversari ma li “elimina”. Sollevare questo tema non è un esercizio politologico. È un grido d’allarme rispetto a un modo di governare concretamente antidemocratico. Che si può toccare con mano. È un “regime” per come si manifesta nel terzo millennio, ovviamente. Attraverso, ad esempio, la soddisfazione dei bisogni soltanto di chi è “allineato”, di chi è cortigiano, di chi non è sfiorato dall’idea di mettere in discussione le scelte del sovrano. Che, in quanto tale, non tollera giudizi negativi. Ci sono vari stadi di soddisfazione dei bisogni. In maggioranza il dissenso è stato soffocato ab origine con le “idoneità” ai concorsi comunali di quasi tutti i parenti degli amministratori locali. Idoneità che sono già sfociate o che sfoceranno a breve in assunzioni a tempo indeterminato in altri enti locali. Non si tratta di atti e comportamenti illegittimi, almeno sulla carta, ma di atti e comportamenti inopportuni, lontanissimi dal confine dell’etica. In una democrazia governata dalla politica, nel senso nobile del termine, il marito del vicesindaco o la figlia del capogruppo di maggioranza o il fratello del sindaco non partecipano ai concorsi comunali. Il nepotismo è un aspetto tipico dei regimi. Non partecipano ai concorsi comunali neppure i segretari di partito o i “tredicesimi candidati” della lista Nuova Primavera Cesana. Se non si vuole abbattere il muro dell’etica costoro non beneficiano nemmeno di incarichi professionali diretti o di selezioni pubbliche che prevedono affidamenti da 50mila euro in su. In un paese democratico gli esponenti politici, ribadiamo, nel senso nobile del termine, non antepongono sempre e solo se stessi o i propri cari agli interessi generali. Ecco un esempio concreto di come si autoalimenta il “sistema”.

In una città libera non c’è “l’occupazione militar-familistica” delle associazioni locali. Non si riducono Pro loco e Protezione civile a “costole” dell’amministrazione comunale. Appare sempre più chiaro che non si tratta di politologia o di fuffa. I cerchi magici sono elementi costitutivi dei regimi. In un paese civile e normale, politicamente avanzato, non si mischia sacro e profano. Non si tenta in ogni occasione di trasformare la parrocchia in un “alleato” dell’amministrazione comunale. Qui è necessaria una posizione inequivocabile. La Chiesa si occupa delle anime. Deve essere e deve apparire equidistante. Non può e non deve farsi “inglobare” da una parte politica o istituzionale. È indispensabile una netta linea di demarcazione, altrimenti il regime mostra il suo volto peggiore: quello in grado di fagocitare tutto e tutti. In un paese civile non può prevalere la logica del “che ti serve?”. La politica e l’amministrazione comunale devono avere una visione complessiva dei bisogni della gente. E soprattutto devono riaffermare un principio che rischia di andare perso: i diritti non sono favori. I diritti si rivendicano. D’altro canto, i governanti non sono sovrani, sono al servizio della collettività. La candidatura a sindaco di Giuseppe Fiorillo va in questa direzione. Punta a un ribaltamento politico-culturale: il primo cittadino non è un re, è “primus inter pares”, è espressione della volontà popolare e ad essa deve dar conto. Fiorillo non dirà mai a nessuno: “Che ti serve? Non userà mai formule che presuppongono “un do ut des”. Servire un popolo è cosa ben diversa di dominarlo. L’alternativa c’è. Un’altra amministrazione comunale è possibile. Parola ai cittadini. Che il popolo ritorni sovrano. Se vuole.

Mario De Michele

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