Da un lato le prove della «presunta gravidanza», le chiamate alla moglie dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano e anche all’amica Melania Rizzoli. E dall’altro la caccia a «mail, fotografie o filmati relativi a documenti riservati di natura ministeriale» o ancora alle «foto oggetto di manipolazione che la ritraevano all’interno del ministero». Basta leggere gli atti che hanno portato i carabinieri a casa di Maria Rosaria Boccia per comprendere come l’indagine della procura di Roma proceda su un doppio binario: capire quanto fosse profonda l’ingerenza della manager campana sull’attività di Sangiuliano, analizzare lo «sviluppo patologico» (come lo definiscono i pm) del rapporto tra i due, e trovare eventuali documenti nella disponibilità della donna. Del resto uno dei reati per cui si procede è quello di «violenza o minaccia a un corpo politico», lo stesso ipotizzato nel procedimento sulla “Trattativa Stato — Mafia”. E a giudicare dalla celerità con cui si sono mossi gli investigatori, che negli atti parlano di reato «ancora in corso», si comprende anche l’esigenza di arginare possibili reati. Anche se l’acquisto di nuovi supporti informatici consentirebbe la reiterazione.
Quando all’alba di sabato mattina i carabinieri hanno bussato a casa Boccia, a Pompei, hanno iniziato a ispezionare ogni angolo dell’appartamento di 110 metri quadri. Cercavano documenti e supporti informatici. Alcuni erano negli armadi, altri nelle cassettiere. Dopo un paio d’ore i militari dell’Arma avevano sotto braccio 15 device elettronici: 3 cellulari, un tablet, un computer, un portatile, 9 pendrive e diverse microsim. Si parla di oltre 600 giga di memoria capaci di far tremare diverse persone, quanti hanno avuto contatti con la donna che frequentava ambienti istituzionali e riceveva comunicazioni riservate pur non avendone alcun titolo. Chissà se tra quei dati ci siano le prove di quanto denunciato dal ministro, o magari elementi utili anche all’altra inchiesta, quella che vede lo stesso Sangiuliano indagato per peculato.
Tutto inizia «dopo la fine della relazione affettiva extraconiugale con Sangiuliano», più precisamente quando Boccia apprende che «la bozza del decreto di nomina firmata dal ministro era stata bloccata per volontà dello stesso», riassumono gli atti. È in quel momento che si spazientisce. Prima chiede spiegazioni al diretto interessato: «contattava ripetutamente il Sangiuliano richiedendo appuntamenti, rifiutati», scrivono i pm. Poi alza la cornetta e chiama «ripetutamente gli uffici del ministero per conoscere gli esiti della procedura di nomina». Quando capisce che la faccenda non andrà in porto alza il tiro: «informava il Sangiuliano di una sua presunta gravidanza» e «contattava ripetutamente la moglie del Sangiuliano, con chiari riferimenti alla sua relazione extraconiugale». Tra il reale e il verosimile, «simulava la sua presenza in luoghi frequentati privatamente dal Sangiuliano» e «pubblicava progressivamente e senza il consenso del Sangiuliano foto private nonché foto oggetto di manipolazione che la ritraevano all’interno del ministero».
Il problema è serio. Perché Boccia «divulgava progressivamente e in modo frammentato ai media e sui social notizie attinenti la sua relazione con il Sangiuliano, ai suoi rapporti con il ministero per la Cultura e all’accesso a documenti e informazioni riservate del Ministero, ogni volta alludendo alla disponibilità di altre notizia compromettenti». Per questo i pm si destreggiano tra giga di memoria alla ricerca di «chat intrattenute con terzi relative all’evento G7 in corso di svolgimento a Pompei e dei relativi sopralluoghi organizzativi». Si cercano anche eventuali «documenti riservati» o «relativi ai tentativi di contatto con gli uffici ministeriali nonché la registrazione» delle sue passeggiate a Montecitorio. Boccia voleva «compromettere la figura politica e istituzionale di Gennaro Sangiuliano… in modo da turbarne l’attività e ottenere il conferimento della nomina a Consulente per i Grandi Eventi, incarico di diretta collaborazione del Ministro». La nomina non la ha ottenuta, un turbamento sì.