“L’attacco dell’Iran è fallito. È stato sconfitto e reso inefficace”. Così Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha annunciato ai giornalisti il risultato del lancio di quasi 200 missili balistici iraniani contro lo Stato ebraico, rivelando il ruolo svolto anche dagli Stati Uniti per fermarli, a cui fonti britanniche hanno in seguito aggiunto la parte svolta da Londra. Ecco in che modo lo scudo difensivo israeliano, con l’aiuto dei più importanti alleati di Israele, ha impedito che l’attacco di Teheran facesse gravi danni.
Le batterie Patriot
È il primo sistema di difesa antiaerea operato da Israele, a cui lo fornirono gli Stati Uniti in occasione della guerra del Golfo del 1991, quando Saddam Hussein, per rappresaglia contro l’intervento americano per liberare il Kuwait occupato dalle truppe irachene, lanciò decine di razzi Scud contro Tel Aviv. Piazzati su postazioni mobili, i Patriot erano razzi terra-aria in grado di intercettare e distruggere i missili nemici. Washington li mise a disposizione di numerosi Paesi alleati, tra cui appunto lo Stato ebraico. Ma nel 1991 la loro efficacia si rivelò assai minore contro i missili di Saddam di quanto si era inizialmente creduto. Le batterie dislocate in Israele hanno dato risultati migliori in seguito, fermando razzi lanciati da Hamas e anche, nel 2014, da un cacciabombardiere siriano.
Lo Scudo d’Acciaio
L’“Iron Dome” è un sistema di difesa mobile antiaerea sviluppato da Israele con il contributo finanziario americano, diventato operativo nel 2011. Ha lo scopo di intercettare e distruggere razzi e proiettili di artiglieria a corto raggio, lanciati da una distanza variabile da 4 a 70 chilometri. È stato usato soprattutto per difendere il territorio israeliano dai razzi lanciati da Hamas dalla striscia di Gaza, dimostrandosi capace di fermare il 90 per cento degli ordigni. Una versione più potente è in grado di intercettare missili fino a una distanza massima di 250 chilometri: insufficiente, tuttavia, a bloccare un attacco come quello lanciato nei giorni scorsi dall’Iran. Per questo è oggi considerato la terza linea di difesa antiaerea israeliana.
La Fionda di Davide
La “David’s Sling”, evocativa fin dal nome dell’episodio biblico del pastorello ebraico che abbatte il gigante Golia con una fionda, è un più potente sistema antimissile israeliano in grado di intercettare e distruggere aerei nemici, droni e missili a medio raggio lanciati da una distanza fra i 40 e i 300 chilometri. Entro queste distanze ha la capacità di fermare missili balistici di nuova generazione che volano a bassa altitudine, come gli Iskander di fabbricazione russa e i cinesi Df-15. Rappresenta la seconda linea di difesa antiaerea israeliana.
Il sistema Arrow
È la prima linea di difesa antiaerea israeliana: con il compito di distruggere i missili balistici a lungo raggio, come quelli usati nell’attacco iraniano di questa settimana. In aprile l’Iran, nel suo primo attacco diretto a Israele (in risposta al raid contro il consolato iraniano di Damasco che aveva ucciso vari alti ufficiali delle Guardie della Rivoluzione iraniana), ha sparato soltanto un centinaio di missili balistici contro lo Stato ebraico, insieme ad altrettanto droni: il sistema Arrow (che in inglese significa Freccia) e la Fionda di Davide li hanno neutralizzati quasi tutti. Ma nell’attacco di questa settimana, lanciato in risposta all’uccisione dei leader di Hamas e di Hezbollah, oltre che in coincidenza dell’incursione via terra in Libano dell’esercito israeliano, Teheran ha usato quasi 200 missili balistici e lo scudo difensivo israeliano ha contato soltanto sul sistema Arrow per fermarli. Sviluppato a partire dal 2000, con sempre maggiore potenza, il missile antimissile Arrow 1, Arrow 2 e infine Arrow 3 ha la capacità di intercettare un missile nemico nello spazio, a una velocità di migliaia di chilometri orari. È stato calcolato che i missili balistici lanciati dall’Iran hanno impiegato 12 minuti a raggiungere il bersaglio designato in Israele, principalmente l’area di Tel Aviv, ma anche quella di Gerusalemme (l’unica vittima sembra essere stata un palestinese che si trovava a Gerico). I razzi Arrow hanno dunque 3-4 minuti per individuare il missile avversario e altri 2-3 minuti per centrarlo. Secondo l’Israel Space Agency, l’Arrow 3 può funzionare anche come arma anti-satelliti, il che farebbe di Israele uno dei pochi Paesi al mondo capace di abbattere satelliti in orbita attorno alla terra.
Gli alleati americani e britannici
Ma lo scudo che ha fermato l’attacco iraniano non è stato soltanto israeliano: alla difesa anti-missile hanno partecipato Stati Uniti e Gran Bretagna, come reso noto dalla Casa Bianca e dal governo di Londra. Cacciabombardieri dei due alleati di Gerusalemme si sono alzati in volo per centrare con i propri sistemi anti-missile una parte dei razzi balistici lanciati da Teheran. Nessuno ha reso noto, né a Gerusalemme, né a Washington, né a Londra, come sia stato suddiviso il lavoro, cioè quanti missili iraniani sono stati fermati dal sistema israeliano Arrow, quanti dall’aviazione americana, quanti dalla Raf britannica. Nell’attacco iraniano di aprile, anche Giordania e altri Paesi arabi alleati degli Usa e in buoni rapporti con Israele avevano preso parte alla difesa dello Stato ebraico con i sistemi anti-missile operanti sul proprio territorio, solitamente in mano a forze americane. Nel caso di questa settimana non si sa se ci sia stata una collaborazione simile, ma Downing Street ha fatto sapere che il premier britannico Keir Starmer ha parlato al telefono dell’attacco iraniano sia con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, sia con il re Abdallah di Giordania.
I rifugi sotto le case
L’ultimo elemento che ha contribuito a impedire che vi fossero vittime tra gli israeliani, come ha sottolineato il premier Netanyahu, è stato il vasto sistema di rifugi e di bunker esistente in tutto Israele. Praticamente sotto ogni casa, condominio e luogo pubblico c’è un bunker antiaereo e antimissile. Poco prima che risuonassero in tutto il Paese le sirene sull’allarme per l’attacco dal cielo, tutti gli israeliani hanno ricevuto sul proprio telefonino un messaggio che li esortava a raggiungere immediatamente il più vicino rifugio e a restarci fino a nuovo ordine. La rapidità e disciplina con cui la popolazione si è messa al sicuro, ha detto Netanyahu, è stata essenziale per evitare il peggio.