Se fosse il titolo di un film potrebbe suonare così: “Il mio giudice alla Consulta si chiama Marini”. Regia di Giorgia Meloni. Già, perché è uno solo lo scopo di quel sms dal tono assertivo che due giorni fa è stato inviato a tutti i parlamentari di Fratelli d’Italia dal vertice del partito. Un obiettivo, eleggere subito un giudice della Consulta di fede strettamente meloniana. Un risultato, portarlo a casa prima che cominci la discussione sull’autonomia che il 12 novembre parte con la verifica dei referendum chiesti da quattro Regioni. Una strategia del tutto chiara, avere alla Corte un giudice che porti avanti l’ideologia meloniana. Questo candidato non è Carlo Deodato, come è uscito su altri organi di stampa, che resta a palazzo Chigi come segretario generale, ma Francesco Saverio Marini, il consigliere giuridico della premier, come si può leggere dall’organigramma di palazzo Chigi. Nonché il giurista che ha materialmente lavorato al premierato. E lui, passato oltre un anno, non sembra affatto cambiato. Cortese, ma prudente, per non dire guardingo. Pronto a rispondere a un whatsapp, in cui non ha più senso smentire la sua candidatura di cui ormai i meloniani parlano liberamente dopo un primo blackout, ma senza dire nulla di più. Consapevole che la votazione di martedì prossimo, con l’obiettivo dei tre quinti, cioè 363 voti, non è semplice. Al di là degli sms di convocazione, la partita è sul filo. Anche se alla maggioranza, che oggi con i nuovi ingressi conta proprio quei 363 voti, se ne possono aggiungere altri in uscita spicciola. Ma ci può essere anche qualche mal di pancia interno. Oppure assenze, o ancora malattie croniche o fortuite.

Forza Italia comunque si è messa d’impegno. Ecco il loro sms girato vorticosamente ieri – quello dei meloniani era di giovedì – per tutta la giornata: “Martedì alle 12.30 obbligo di presenza alla seduta congiunta di Camera e Senato per l’elezione di un giudice costituzionale. Non è ammessa eccezione alcuna. Vanno evitate missioni e altri impegni di ogni genere. I leader della coalizione hanno deciso di esprimere una indicazione che dovrà avere il massimo sostegno per arrivare al quorum prescritto. Seguiranno i dettagli. Nell’attesa va confermata la inderogabile presenza”. Parole d’ordine chiare, “i leader della coalizione hanno deciso…”. Serve “il massimo sostegno per arrivare al quorum…”. Più che una convocazione è un ordine perentorio. Ma la maggioranza dovrà fare i conti con l’opposizione. Durissima la reazione della segretaria del Pd Elly Schlein che, di fronte alle manovre sotterranee, mette un altolà e dice: “Non accetteremo blitz su giudici costituzionali”. Perché è “gravissimo anche solo averlo appreso dalla stampa. Questa concezione proprietaria delle massime istituzioni della Repubblica deve finire qui, e vederci tutti mobilitati a difesa delle garanzie democratiche”.

E Marini? Classe 1973, nato il 28 aprile, Marini incrocia le dita e fa gli scongiuri. Suo padre è Annibale Marini, civilista di Tor Vergata, la stessa università dove lui insegna istituzioni di diritto pubblico, mentre il fratello Renato diritto privato. La scuola del padre conta. Tant’è che è frequente sentirgli dire “a mio padre devo tutto, e da lui ho imparato tantissimo”. Anche lui giudice della Consulta e poi presidente della Corte nel 2005. La fede politica identica. Il padre con An, il figlio con Meloni. Nel segno della continuità ideologica. Ovviamente tifoso della Lazio. I suoi libri più scientifici e universitari che pamphlet politici. Il Codice di diritto pubblico, il Nuovo codice dei contratti pubblici, il Codice del processo amministrativo, il Diritto processuale amministrativo, Il turismo nel diritto pubblico, Emergenza covid-19 e ordinamento costituzionale. Dopo due anni di palazzo Chigi la paludata vita della Consulta gli sembrerà una vacanza…

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