Il bonus da 100 euro inizialmente associato alla Befana, e poi anticipato col decreto Omnibus a Natale, potrebbe allargarsi. Il contributo verrà erogato con la tredicesima ai lavoratori dipendenti che abbiano un reddito complessivo entro i 28mila euro. La maggioranza starebbe però valutando un’estensione delle della platea, che oltre al paletto reddituale prevede anche limiti legati alla tipologia del nucleo: necessaria, in particolare, la presenza di un coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico; oppure l’erogazione è prevista per nuclei monogenitoriali con un figlio a carico. L’allargamento al quale si lavora – riferiscono fonti di maggioranza – potrebbe entrare in un emendamento del relatore al decreto fiscale in discussione in commissione al Senato. Nella sua versione attuale, la stima che ha accompagnato il decreto Omnibus è per una platea di 1,1 milioni di lavoratori e un costo di 100 milioni di euro, tenuto conto che va rapportato ai giorni lavorati.
Le regole ad oggi
Ma quali sono ad oggi le norme? La Fondazione studi dei Consulenti del lavoro ha appena pubblicato una circolare con le Faq sulla misura che aiutano a ricapitolarne le principali caratteristiche: queste, d’altra parte, ricalcano i precedenti bonus come il “trattamento integrativo” dei redditi di lavoro dipendente. Sarà il datore di lavoro – come sostituto d’imposta – a erogarlo per poi compensare le cifre.
I requisiti per il bonus Natale
Le Faq spiegano quali sono – al netto di possibili allargamenti – i tre requisiti ad oggi per prendere il bonus: aver conseguito nel periodo d’imposta 2024 un reddito complessivo non superiore a 28.000 euro; il lavoratore deve avere a carico fiscalmente il coniuge non legalmente ed effettivamente separato e almeno un figlio. Oppure almeno un figlio a carico in caso di unico coniuge; l’imposta lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente, con esclusione dei redditi da pensione, deve essere superiore alla detrazione di lavoro dipendente. Per il 2024, l’importo che costituisce la soglia della cosiddetta no tax area – si ricorda – è di 8.500 euro.
Figli a carico e reddito
Per esser “a carico” il reddito limite è di 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Un limite che per i figli entro 24 anni sale a 4mila euro. Quanto al limite di 28mila euro di reddito complessivo, questo si calcola al netto dell’abitazione principale, considerando il cosiddetto reddito di riferimento, computando la quota esente dei redditi agevolati nonché quelli soggetti a imposta sostitutiva. Si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi assoggettati a imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario, della quota di agevolazione ACE e delle mance.
Il ruolo del coniuge
Il bonus, spiega ancora la Fondazione, spetta nel caso in cui il lavoratore ha almeno un figlio a carico fiscalmente e l’altro coniuge manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e quest’ultimo non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato.
Giorni e part-time
Il bonus è parametrato ai giorni di lavoro nel 2024: va considerato il numero dei giorni compresi nel periodo di durata del rapporto di lavoro per i quali il lavoratore ha diritto alle detrazioni per lavoro dipendente. Ci rientrano le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi e vanno sottratti i giorni per i quali non spetta alcun reddito. In caso di contratto a tempo parziale, il bonus non va riproporzionato.
La domanda è necessaria
Per ricevere il bonus è necessaria una specifica richiesta del lavoratore al datore di lavoro in cui attesta di averne diritto indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli a carico. Deve essere dunque il lavoratore a tenere conto del reddito complessivo. In caso gli fosse stato erogato e non spettasse, deve restituirlo in sede di dichiarazione fiscale (730 o dichiarazione dei redditi). Nel caso in cui invece ne avesse diritto e non gli fosse stato erogato potrà richiederlo sempre in sede di dichiarazione fiscale. Si rischia dunque di dare soldi che poi tornano indietro? “Il rischio c’è – valuta la Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro – ma la situazione è analoga a quella già applicata per il bonus 80 euro prima” e il trattamento integrativo “di 100 euro attualmente”.