Meglio incassare l’intero capitale accumulato tra versamenti e rendimenti finanziari oppure optare per una rendita mensile? È il quesito che tanti si pongono a proposito del riscatto relativo al fondo pensione. La premessa è che non esiste una risposta univoca, ma qualche ragionamento può aiutare a fare una scelta consapevole.
Due modalità di riscatto
Oltre all’assegno mensile, dunque analogo a quello pensionistico, chi ha aderito alla previdenza complementare può optare per la liquidazione della propria posizione un’unica soluzione, fino a un massimo del 50% del capitale accumulato. Si può, poi, salire al 100% delle somme accantonate se la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale è inferiore alla metà dell’assegno sociale (per l’anno in corso 534 euro). “Di solito, la possibilità di ottenere il 100% immediatamente viene meno sopra quota 80-85 mila euro accumulati”, racconta Marco Cini, esperto di previdenza di SoldiExpert, società di consulenza indipendente.
Denaro subito disponibile, ma con il rischio di esaurirlo
La liquidazione in capitale da un lato consente di godere dell’immediata disponibilità di una somma di denaro, dall’altro lo espone al rischio di spendere l’intera somma e di ritrovarsi a un certo punto senza più denaro per le proprie necessità.
Per altro, al momento di ottenere la pensione è possibile scegliere tra varie modalità di rendita vitalizia: immediata (viene corrisposto un assegno mensile fino a che l’interessato è in vita, senza prevedere la reversibilità); immediata, certa per cinque anni e poi vitalizia (viene pagata per cinque anni, anche se nel frattempo l’interessato muore, e successivamente fino a che è in vita); immediata, certa per dieci anni e poi vitalizia; vitalizia immediata, reversibile; infine immediata con controassicurazione del capitale in caso di decesso dell’assicurato (versamento mensile al pensionato finché è in vita, con la garanzia di restituzione – ai beneficiari indicati dal pensionato – del capitale che eventualmente rimane dopo il suo decesso.
L’esempio che aiuta a orientarsi
Cini ha effettuato una simulazione ipotizzando il caso di un pensionato di 65 anni, che può contare su 100 mila euro di fondo pensione: “In caso di rendita vitalizia riceverebbe 4.022 euro (tutte le somme indicate sono al lordo, ndr); se sceglie la rendita vitalizia certa per cinque anni, 4.011 euro; se opta per la rendita vitalizia certa per dieci anni riceverebbe 3.972 euro; la somma scende a 3.292 euro se c’è garanzia di restituzione del capitale; infine si attesta a 3.155 euro in caso di rendita vitalizia reversibile verso una erede di 65 anni”.
Il quesito da porsi
Detto che le somme sono sensibilmente differenti in base alla tipologia di rendita, il quesito da porsi per scegliere tra capitale e assegno mensile è: se avessi una certa somma nel fondo pensione mi converrebbe richiedere la rendita oppure prendere tutto il capitale e investirlo costruendo allo stesso tempo una rendita?
Un altro esempio può aiutare a orientarsi, quello di un 65enne che ha accumulato 50 mila euro. La rendita vitalizia del fondo pensione sarebbe di circa 2.011 euro annui. “Chiedendo invece la restituzione del capitale e l’investimento successivo in autonomia possiamo considerare un rendimento del 3% del capitale e quindi una rendita di 1.500 euro costruita dal capitale investito in strumenti obbligazionari”, spiega Cini. A questo punto una persona potrebbe valutare come maggiormente conveniente la scelta della rendita del fondo pensione rispetto alla rendita costruita in autonomia. Ma c’è un elemento da considerare: a chi rimane il capitale accumulato nel corso degli anni? “Nel caso di rendita del fondo pensione, il pensionato lascerà tutto il capitale al fondo pensione mentre invece nel caso di riscatto del fondo pensione sotto forma di capitale, tutti i soldi saranno gestiti direttamente dal pensionato che avrà in ogni momento la possibilità di scegliere se investire questo patrimonio oppure spenderlo”, aggiunge l’esperto. Il quale fa un paragone con i frutti da una pianta. “Nel caso della rendita, vengono restituiti al pensionato i soli frutti, mentre nel caso in cui il pensionato mantenga il capitale e si costruisca in autonomia una rendita avrebbe oltre ai frutti anche l’albero”.
Qual è l’età giusta per il riscatto?
A questo punto si può cercare di capire quale potrebbe essere l’età del pensionato che dovrebbe raggiungere per ottenere un effettivo vantaggio nel caso di riscatto del fondo pensione. “Nel caso in cui il pensionato dovesse venire a mancare a 80 anni, se avesse scelto la rendita vitalizia immediata a 65 anni avrebbe ricevuto dal fondo pensione circa 36.672 euro (già calcolando la rivalutazione). Mentre invece riscattando il fondo pensione sotto forma di capitale e investendo il capitale ricevendo una rendita del 3% otterrebbe un capitale a 80 anni di 74 mila euro. Indubbiamente è molto più vantaggiosa la scelta del riscatto sotto forma di capitale”, è la conclusione dell’analista. “Nel caso in cui il pensionato dovesse venire a mancare a 95 anni dovrebbe aver ricevuto dal fondo pensione 96.679 euro e, se invece avesse investito il capitale per ottenere una rendita del 3% annuo, otterrebbe un capitale di 104 mila euro”. Quindi anche in questo caso è vantaggiosa la scelta del riscatto del fondo pensione sotto forma di capitale.