Non è tutto oro quello che luccica da record dell’occupazione. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha brindato oggi ai dati diffusi dalla Cgia di Mestre, che elaborando i dati Istat ha evidenziato come nei due anni di governo l’occupazione sia cresciuta complessivamente di 847mila unità, con un incremento nel dettaglio di 672mila dipendenti e 175mila autonomi. “I dati diffusi oggi dalla Cgia confermano un importante trend positivo per il mercato del lavoro in Italia: 847mila posti creati nei due anni del nostro Governo. Numeri che ci spingono a continuare a lavorare con determinazione per creare ulteriori opportunità e garantire stabilità e crescita economica a tutta la nostra Nazione. L’Italia è sulla strada giusta, ma non ci fermiamo: c’è ancora molto da fare. Avanti”, ha esultato Meloni.
Boom solo da over 50
Almeno due considerazioni però potrebbero raffreddare il calice di Meloni. La prima arriva dagli stessi dati Istat, che indicano sì una crescita record dell’occupazione, trainata dagli occupati permanenti, ma l’analisi per fascia di età restituisce un quadro che fotografa tutt’altro che un vivace a omogeneo dinamismo nel mercato del lavoro. La stragrande maggioranza degli occupati di cui parla Meloni si riferisce alla fascia degli over 50, quella tradizionalmente meno dinamica per ovvie questioni anagrafiche, e le cui fila si irrobustiscono soprattutto per la permanenza al lavoro legata all’irrigidimento dei requisiti pensionistici. Lo dimostra lo spaccato per fasce di età, che evidenzia come ad esempio nella fascia dei più giovani, il dato è praticamente invariato negli ultimi due anni (+19 mila unità). Più marcato l’aumento nell fascia 25-34 (+184 mila) mentre è addirittura in calo in quella tra 35 e e 49 anni (-66 mila).
L’occupazione cresce, il Pil no
La seconda considerazione l’ha messa nero su bianco il Censis nel suo rapporto annuale. C’è qualcosa di non perfettamente sano nella crescita dell’occupazione italiana, visto che non è accompagnata – come sarebbe naturale attendersi – da una altrettanto sostenuta crescita economica. “Molti conti non tornano nel sistema-Italia e molte equazioni rimangono irrisolte. Il primo caso – forse il più macroscopico – riguarda l’attuale ciclo dell’occupazione, che volge al positivo nonostante i segnali non incoraggianti che provengono dall’andamento del Pil”. “La dinamica disgiunta che in questi mesi ha contraddistinto l’occupazione da una parte e la crescita economica dall’altra (debole quest’anno e prevedibilmente anche nel 2025) – scrive ancora l’istituto – alimenta il sospetto che nel mercato del lavoro si sia creata una sorta di bolla”. E anche se il Pil ha raggiunto lo scorso anno i livelli del 2007, la ricchezza delle famiglie è ancora sette punti sotto.
Una prima risposta a questa anomalia il Censis la dà proprio a proposito dei dati sull’occupazione, ricordando che malgrado i record scontiamo ancora un ritardo forte sul resto d’Europa, con un tasso di attività (il rapporto tra forza lavoro – occupati e disoccupati – sul totale della popolazione attiva) stabilmente più basso del resto dei Paesi europei. Cioè meno persone lavorano, o cercano lavoro, in rapporto alla popolazione. “Se oggi il nostro tasso di attività fosse uguale a quello europeo, si potrebbe disporre di più di 3 milioni di forze di lavoro aggiuntive, e se si raggiungesse il livello europeo del tasso di occupazione, sarebbe superata la soglia dei 26 milioni di occupati”. A beneficio, con ogni probabilità, anche della crescita.