E’ ancora alta la tensione intorno al monastero Nyatso, nella contea di Tawu a Kardze, nel Tibet orientale (contea di Daofu, nel Sichuan, secondo la dizione cinese), dove i controlli e la presenza militare, gia’ numerosi nelle scorse settimane, sono aumentata da ieri, quando si e’ immolato, dandosi fuoco, un monaco di 29 anni.
Il giovane, Tsewang Norbu, gridando slogan per la liberazione del Tibet e inneggiando al ritorno del Dalai Lama, ha ingerito petrolio e se ne e’ cosparso, dandosi fuoco sulla strada provinciale che porta a Pechino. I militari all’esterno della struttura chiedono il corpo del giovane, ma i monaci e le suore si rifiutano di consegnarlo e cosi’ anche i collegamenti telefonici sono stati tagliati. Gia’ dal 6 luglio, data del compleanno del Dalai Lama, il monastero e’ sotto l’assedio dei militari cinesi che, per rappresaglia contro una manifestazione pubblica delle monache, che hanno pubblicamente festeggiato il genetliaco del leader spirituale tibetano, hanno tagliato acqua ed elettricita’ alla struttura monastica. Il governo tibetano in esilio a Dharamsala, nel nord dell’India, ha chiesto alla Cina di agire con cautela e mantenere la calma, sottolineando che quello di Tsewang e’ ”un atto di disperazione che e’ un’ulteriore indicazione del deterioramento della situazione dei diritti umani in Tibet”. Tsewang, secondo alcuni testimoni, ha voluto anche manifestare contro l’oppressione cinese in tutto il Tibet, prendendo di mira soprattutto i monasteri buddisti. Il suo gesto estremo e’ giunto a 150 chilometri di distanza e cinque mesi dopo l’analogo gesto di un altro monaco, Phuntsog, che si e’ immolato a marzo nel monastero di Kirti, che ospita piu’ di 2.000 monaci. L’esercito, che gia’ assediava la struttura e il villaggio, ha cominciato a ‘rastrellare’ monaci portandone a gruppi di 300 in campi di rieducazione, obbligandoli a studiare la costituzione cinese. Per impedire la deportazione dei monaci, diversi abitanti della cittadina del Sichuan si sono accampati nei pressi del monastero impedendo ai camion militari di passare. Ne sono seguiti scontri che hanno portato alla morte di due civili. Il 23 maggio la Cina ha celebrato la ”pacifica liberazione del Tibet” e pochi giorni fa il suo presidente designato, Xi Jinping, ha detto che il paese deve annientare tutti gli estremisti e secessionisti, soprattutto quelli capeggiati dal Dalai Lama.