Hanno tra i 7 e i 14 anni e vivono in zone periferiche della citta’, dove passano gran parte della giornata. Non praticano sport e sono prevalentemente maschi. E’ l’identikit delle ‘baby-gang’ tracciato al 68esimo congresso nazionale della Societa’ italiana di pediatria (Sip), che si chiude oggi a Roma.

Il fenomeno, sostengono gli esperti, e’ in aumento e rappresenta l’evoluzione negativa del bullismo. Il membro di una ‘baby gang’, nella maggior parte delle volte, vive in condizioni familiari e socio-educative critiche, ma non sempre: a volte sceglie il sostegno del ‘gruppo’ solo per aumentare il proprio status, il prestigio o i vantaggi economici. ”Piu’ del 75% dei membri delle baby-gang vive in zone periferiche lontano dalla citta’ – spiega Luca Bernardo, consigliere nazionale Sip ed esperto di tematiche giovanili – e il 95% non pratica sport, a conferma del fatto che manca un’occupazione sana. Sono in maggioranza ragazzi, anche se non si esclude la partecipazione di ragazze”. Sono i nuovi bulli, quelli che espandono il raggio d’azione dai compagni di scuola alle strade, prendendo di mira altri ragazzini ma anche adulti, anziani, disabili, soggetti percepiti come piu’ deboli. I reati piu’ comuni: fermare ragazzi che girano in scooter e sottrargli il cellulare o l’iPod, gli occhiali griffati o altri oggetti alla moda come giacche o scarpe, minacciandoli con un coltellino. E sono Roma e il Lazio, aggiunge l’esperto, a detenere la maglia nera per gli atti di violenza commessi da adolescenti. E mentre al Nord le baby-gang sono generalmente di origine latina, sudamericana, al centro e al Sud prevalgono le gang di ragazzi italiani, che seguono il modello del boss mafioso o del camorrista.

 

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