La Procura di Roma ha aperto una inchiesta sul cosiddetto ‘sangue infetto’, la diffusione tramite emoderivati od immunoglobuline di virus quali l’epatite C o l’Hiv e l’Hcv. Il fascicolo, modello 45 senza reato o indagati, è stato avviato dal procuratore aggiunto Leonardo Frisani, responsabile del gruppo che persegue le colpe professionali e si occupa di malasanità, sulla base di un esposto dalla associazione I.T.M. New Day – Insieme a tutela del malato.

Secondo la denuncia all’attenzione ora dei pubblici ministeri la questione riguarda oltre 120mila persone “contagiate” e più di 4mila decedute. Secondo il Comitato delle vittime “da una stima si calcola che in Italia sono oltre 200mila le persone che hanno contratto la malattia dell’epatite C di cui 14mila tramite dialisi, 11mila da trapianto e 75mila da trasfusione di sangue, emoderivati ed immunoglobuline infettate”. Gli accertamenti avviati ora a Roma sono stati affidati ai carabinieri del Nas. Gli inquirenti hanno in programma l’ascolto di alcune persone informate dei fatti e l’incarico di una consulenza medico-legale. Così come si ricorda nella denuncia l’inchiesta sul plasma contaminato risale ai primi anni ’90. Dopo l’avvio a Trento le indagini erano state trasferite a Napoli. Ma “nessuno ad oggi è stato condannato penalmente nonostante sulla base dei documenti e degli accertamenti si sia scoperto che sono coinvolti nella presente questione esponenti politici, dirigenti e funzionari ministeriali e case farmaceutiche”. Nell’esposto si ricorda anche il caso della morte di un sottufficiale dell’esercito che ucciso nel ’95 mentre stava conducendo una sua personale inchiesta sulla questione. Il sospetto è che il maresciallo sarebbe stato stato eliminato perché aveva scoperto che le Forze Armate “erano state invase da emoderivati infetti ad alto rischio per la salute pubblica di tutti i militari”.

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