Le condanne a 16 anni di reclusione dello svizzero Stephan Schmidheiny e del belga Louis De Cartier per le migliaia di morti legate ai quattro stabilimenti italiani della multinazionale dell’amianto Eternit non sono sufficienti. Lo sostiene la Procura di Torino, che oggi ha presentato richiesta di appello contro la sentenza pronunciata dal Tribunale lo scorso 13 febbraio per disastro doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. In particolare, i magistrati non condividono che sia stata applicata la prescrizione per il reato di disastro doloso relativamente agli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).

E, per questa ragione, chiedono che Schmidheiny e De Cartier siano condannati a 20 anni, ossia all’intera pena richiesta in sede di requisitoria. Nella domanda di appello, i pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli sostengono che il disastro ambientale a Rubiera e Bagnoli sia tuttora attuale, perché la popolazione della zona continua ad ammalarsi di asbestosi e tumori polmonari a causa dell’amianto proveniente dai due stabilimenti. Osservano, inoltre, che “anche il Tribunale ha ritenuto che qualcuno può essere ancora affetto da gravi forme tumorali” e che “c’é tuttora contaminazione dei siti abitati vicini allo stabilimento”. Il rischio, secondo i magistrati, è ancora presente “per l’inerzia degli imputati e le bonifiche non ancora terminate. A oggi – ribadiscono i pm – risulta che gli imputati non si sono attivati neppure con esborsi economici per rimuovere il pericolo”. I tre magistrati hanno richiesto di poter sostenere l’accusa anche in appello, in luogo della Procura generale, in virtù della loro specializzazione sul caso. La stessa procura, intanto, ha diffuso i dati sui lavoratori italiani morti dopo avere prestato servizio nei due stabilimenti svizzeri della Eternit: sono 117, residenti per la maggior parte in provincia di Lecce. Come per le altre migliaia di morti legate alla Eternit, anche loro si sono ammalati tutti molto tempo dopo la fine del loro rapporto con l’azienda e il loro ritorno in Italia. Proprio per accertare il legame tra il periodo passato alla Eternit e l’insorgenza di asbestosi, mesoteliomi e altri tumori polmonari, la procura di Torino ha aperto, da un paio di anni, inchieste anche sugli italiani che hanno lavorato negli stabilimenti di Brasile, Francia e, appunto, Svizzera. Le inchieste proseguono però anche sul versante italiano. La cosiddetta Eternit-bis, che vede come indagati, per altre ipotesi di reato rispetto a quelle per cui sono stati già condannati, gli stessi Schmideheiny e De Cartier, è prossima alla chiusura indagini. Oggi il gup di Torino Massimo Scarabello ha rinviato a giudizio quattro ex dirigenti dello stabilimento di Cavagnolo (Torino), accusati di omicidio colposo e lesioni colpose per ulteriori quattro casi di ex dipendenti che sono morti o si sono ammalati di patologie legate all’amianto. Infine, altri casi di malattie e di morti stanno arrivando sui tavoli della procura per la cosiddetta inchiesta Eternit-ter. (ANSA).

 

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