Almeno ”88 persone” sono ”morte in detenzione” in Siria in quasi cinque mesi di sanguinosa repressione delle proteste pro-democrazia – da aprile alla meta’ di agosto: una cifra che segna un ”forte aumento” dei decessi in carcere, che prima della rivolta erano in media cinque all’anno.

Lo denuncia Amnesty International, precisando – in un rapporto – che fra le vittime almeno 10 sono bambini, alcuni di 13 anni, e che in almeno 52 casi ci sono prove di torture o maltrattamenti che hanno contribuito alla loro morte. ”I resoconti di torture che abbiamo ricevuto sono orribili – ha affermato Neil Sammonds, il ricercatore di Amnesty che si occupa della Siria – Riteniamo che il governo siriano stia perseguitando il suo popolo massicciamente su vasta scala”. Amnesty ha potuto visionare 45 filmati delle vittime, presi da parenti e attivisti, e ha chiesto a medici legali di esaminarne alcuni: le ferite indicano che hanno subito ”orrendi pestaggi e altri abusi”. I segni delle torture includono ”bruciature, colpi violenti, segni di frustate”. La maggior parte dei casi esaminati provengono dai governatorati di Homs e Daraa. L’organizzazione basata a Londra ha inoltre compilato un elenco di 1.800 persone morte dall’inizio delle proteste, mentre migliaia di altre sono state arrestate, con molte tenute segregate in luoghi sconosciuti, che rischiano tortura e morte. Amnesty ricorda di aver chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di portare la situazione in Siria davanti alla Corte penale internazionale (Cpi), di imporre un embargo sulle armi a Damasco e di ‘congelare’ beni e fondi del presidente Bashar al Assad e dei suoi stretti collaboratori. ”Considerando il contesto di diffuse e sistematiche violazioni che avvengono in Siria – ha detto Sammonds – riteniamo che queste morti in detenzione possano includere crimini contro l’umanita”’. ”Finora – ha aggiunto – la risposta del Consiglio di sicurezza e’ stata del tutto inadeguata”.

 

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