Parlare della Compagnia Teatrale Mascheranova di Pontecagnano Faiano, come di una semplice associazione teatrale dilettantistica formata da attori amatoriali con l’hobby del teatro, è semplicemente riduttivo e poco calzante. L’Associazione Culturale Mascheranova, e con essa il “piccolo” Teatro Mascheranova di Faiano, con i suoi attillati 72 posti, ricavati dall’ingegnosa, creativa e strategica trasformazione di un ex-negozio, è la storia encomiabile ed al limite dell’eroico di normalissime persone mosse da un’unica vera passione che abbraccia ormai più generazioni.

Era il lontano 1991 quando alcuni giovani artisti pontecagnanesi, con la collaborazione di attori e registi professionisti fondarono l’Associazione e già l’anno dopo la compagnia calcò le scene dei teatri italiani, addirittura cimentandosi nel capolavoro di Eduardo: Filumena Marturano con la prestigiosa regia di Franco Angrisano. Questo spettacolo venne rappresentato tra l’altro al Royal di Bari, allo Smeraldo di Milano, all’Impero di Varese, al Colosseo di Torino, ed al Teatrotenda di Brescia aggiudicandosi ben 8 premi in 4 diversi festival.

Dopo vent’anni il sogno della rappresentazione scenica è ancora intatto, vivo e pulsante nell’animo di tutti loro. Nonostante le avversità e gli anni poco favorevoli per la cultura didascalica, la Compagnia non si è mai arresa, né si è mai fermata, anzi a dispetto di tutte le regole dell’attuale mercato culturale dell’effimero, è cresciuta e si è moltiplicata dei suoi stessi figli  naturali, adottivi e “di laboratorio”, quasi come in una “comune gaberiana”, rivelando ad ognuno la propria aspirazione (attori, tecnici, scenografi, registi). In un codice non scritto, in un’etica che nasce dalla totale mancanza di interessi economici, lontana dalla politica e dai giochi di potere, la compagnia è rimasta sempre unita nella passione, nell’interdipendenza, nell’impegno personale e civile sempre costante. E non devono essere stati elementi disgreganti, in questi vent’anni, nemmeno gli immensi sacrifici, i risultati precari e le soddisfazioni incerte. L’obiettivo unico è stato sempre la realizzazione di progetti comuni scelti insieme e mai imposti né da elementi estranei, né dalle logiche della società dal divertimento facile. Forse, immaginiamo, come nella citata canzone di Gaber, si è lasciato spazio solo alle irrinunciabili piccole, sane rivalità, alle inevitabili incomprensioni, alla vitale diversità di opinioni, elementi anch’essi indispensabili nel retropalco di un teatro ma che cessano di esistere magicamente quando il sipario si apre e la favola inizia.

Ed è proprio di questa favola che si è discusso ieri sera alla presentazione del nuovo cartellone 2012/2013 del Teatro Mascheranova. La Compagnia ha mostrato, in un breve video, i diversi stili di teatro messi in scena nel ventennio: teatro napoletano, commedie classiche italiane e straniere, teatro civile, teatro contemporaneo, cabaret e varietà. Un cartellone lungo venti anni dove gli artisti si sono commisurati in una molteplicità di stili e di forme, sempre con un unico preciso obiettivo: la comunicazione sociale ossia il trasmettere (in qualità di attori) quel flusso irripetibile di idee, emozioni, e sentimenti al pubblico, creando con lui quello strano rapporto fatto prima di seduzione, poi di fiducia ed infine “di credulità cosciente”, utile a far germogliare (anche solo per qualche ora) il senso critico e la voglia di agire. Pertanto l’invito a tutti i presenti  è stato quello di coinvolgere più spettatori possibili, disposti ad intraprendere, nei week end del prossimo inverno, “l’arte vera dello spettatore”, sentendosi responsabili e coproduttori insieme di ciascun spettacolo, ed il cartellone della  prossima stagione lascia ampiamente soddisfatti chiunque volesse seguirli in questa nuova avventura. Gli spettacoli, in cartellone ognuno per circa due mesi, sono tutti interamente prodotti, finanziati ed interpretati dalla compagnia, che instancabilmente, come ogni anno, riesce ad allestire e portare in scena ben 7 spettacoli nuovi.  Si comincerà sabato e domenica prossima, e per tutti i week-end di ottobre, con “DON RAFE’”, un affascinante viaggio alla riscoperta del teatro del Maestro Raffaele Viviani, con la Regia di Lucio Pappacena. L’omaggio al poeta, musicista, commediografo, compositore, nonché funambolico attore ed autore di molte famose canzoni napoletane, elogiato dai più famosi chansonnier francesi del Novecento, e grande amico di Ettore Petrolini, si concretizzerà in uno spettacolo che finalmente tende a rivalutarne l’arte ed il pensiero. Viviani, o meglio Don Rafè, sebbene sia stato sempre giudicato positivamente dalla critica e dalla stampa del suo tempo, ha subito il predominio del suo contemporaneo Eduardo De Filippo, per cui è stato considerato davvero un sommo artista del teatro italiano del Novecento solo dopo la sua scomparsa. Recentemente la sua drammaturgia è stata riscoperta e riproposta anche da Roberto De Simone e Toni Servillo. A differenza di Eduardo che rappresenta i problemi e la crisi dei valori della borghesia napoletana, lo “scugnizzo stabiese” Raffaele Viviani, mette in scena il popolo, i clochard, i venditori ambulanti, gli scugnizzi, dando voce a storie degli inizi del ‘900 nate tra i vicoli, i rioni ed i quartieri napoletani degradati, dove si vive un’esistenza faticosa e penosa, fatta di indigenza e di emarginazione. E proprio dal piccolo palcoscenico del Mascheranova si darà vita dunque ai sentimenti, alle ansie, alle passioni, alle gioie, ai problemi, alle lotte, alle ingiustizie ed alle rivendicazioni di questa umile plebe napoletana. Il popolo vivianesco diventerà, grazie alla Compagnia Mascheranova, una metafora dell’intero universo, attraverso le scene realistico-popolari ricche di umorismo, di versi, di musica, di un insieme di sketch che fanno parte di un genere teatrale minore, detto per l’appunto Varietà. Lo spettacolo si avvarrà della collaborazione del Maestro Marco Parisi che accompagnerà la splendida e delicata voce di Angela D’Arminio.

Nei mesi di novembre e dicembre si passa alla commedia classica italiana con la rappresentazione di “Così è se (se vi pare)” di Luigi Pirandello con la regia di Giulia Palumbo, una parabola in cui tragico e comico si fondono in una simbiosi grottesca, alla ricerca della verità attraverso la demistificazione dell’ipocrisia di ogni tempo e di ogni realtà.

A febbraio e marzo 2013 sarà la volta del teatro al femminile, con la messa in scena de “L’Inserzione” di Natalia Ginzburg con la regia di Lucio Pappacena.  Una stupenda commedia dell’antesignana del teatro italiano al femminile incentrata sulla comunicazione, sul bisogno disperato di poter avere un dialogo con qualcuno anche solo per un puro sfogo, in un costante confronto-scontro di due universi che lottano da sempre: quello femminile e quello maschile.

Arriviamo ad aprile, con l’immancabile e doveroso appuntamento con il teatro civile. La scelta quest’anno è andata su “Domus precariorum (la casa dei precari)” di Marco Bertoncelli con la regia di Ciro Pero. Questo testo teatrale, scritto da un giovane e promettente drammaturgo italiano, è stato scelto dal giovane regista, non solo per aver vinto il  7° Concorso Internazionale di Arte Mecenate ed il Premio Artistico LiberArte 2009 di Mattinata (FG), ma soprattutto per essere una divertente denuncia delle difficoltà e delle illusioni lavorative in cui i nostri giovani sono costretti a dibattersi quotidianamente.

Gli altri tre spettacoli in cartellone sono legati ad eventi e ricorrenze particolari. La Compagnia, per tutto il periodo natalizio,  sarà impegnata nella rappresentazione della tradizionale “Cantata dei Pastori” da Abate Perrucci con la regia di Matteo Salzano,  mentre altri due spettacoli esclusivi e commemorativi saranno in scena per gennaio nella “Giornata della Memoria” e per marzo per la “Festa della Donna”.

Insomma una rassegna teatrale variegata ed assolutamente da non perdere, in un teatro tanto piccolo da portarvi direttamente con il cuore nell’arte scenica, facendovi riscoprire nei cinque sensi il vero amore per la recitazione: l’ascoltare le tonalità degli attori, il guardarli intensamente negli occhi, l’annusare l’inconfondibile odore delle quinte, il toccare con mano il palcoscenico, ed il gustare il sapore antico di una serata ogni volta irripetibile, finalmente lontani dalle insipide banalità.

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