Si difende e accusa a tutto campo. Franco Fiorito, l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio da due giorni a Regina Coeli con l’accusa di peculato, davanti al gip ribadisce che “quei soldi mi spettavano” e che “altri sapevano della spartizione dei fondi, compreso il presidente del consiglio regionale Abbruzzese”.

Anzi, va oltre: “facevano tutti così, anche in altri gruppi consiliari”. Parla mentre i finanzieri del nucleo valutario gli congelano tutti i beni che secondo la Procura di Roma ha acquistato col denaro sottratto alle casse del gruppo regionale del Pdl: la jeep per la neve, la villa al Circeo, undici conti correnti. Un totale di beni sequestrati per un milione e 300 mila euro, soldi che per la Procura ha sottratto al conto del gruppo e che Fiorito sostiene, davanti al Gip, di essersi guadagnato perché rivestiva tre incarichi: oltre che consigliere era infatti anche capogruppo e presidente della commissione bilancio. “Quei soldi mi spettavo ed erano destinati all’attività politica”, dice durante le quasi tre ore di interrogatorio di garanzia al gip Stefano Aprile, confermando quanto già raccontato ai pm della Procura di Roma il 19 settembre scorso. Per Fiorito quel fiume di denaro convogliato nei conti in Italia e all’estero erano di sua pertinenza e “sarebbero stati poi regolarmente rendicontati”. L’esponente Pdl non si è sottratto alle domande degli inquirenti, ma ha sparato a zero dentro e oltre il suo partito. In primo luogo ha tirato in ballo il presidente regionale Mario Abruzzese, ciociaro come lui: “sapeva della spartizione dei fondi”, dice. Secondo quanto sostiene Fiorito il presidente del Consiglio Regionale era a conoscenza di come i soldi venivano spartiti e avrebbe fatto in modo che il denaro venisse accantonato nelle casse della Regione per soddisfare le esigenze dei consiglieri che chiedevano fondi. “Ribadisco che l’Ufficio di Presidenza non ha fatto altro che assegnare questi fondi dal 2010 al 2011 con cinque delibere approvate all’unanimità e ratificate dall’Aula nel Bilancio regionale – ribatte Abbruzzese -. Per quanto mi riguarda non sono mai stato a conoscenza dell’uso che veniva fatto di queste somme visto che sono sempre state sotto il totale controllo e nella esclusiva gestione dei capogruppi e dei tesorieri”. Fiorito cita anche il “solito” Francesco Battistoni, suo nemico giurato all’interno del partito, e protagonista con lui di un duello a colpi di dossier. E fa altri nomi. Tra chi sapeva c’erano, a suo dire, i quattro componenti della commissione bilancio del suo gruppo: Romolo Del Balzo, Ernesto Irmici, Stefano Galetto e Andrea Bernaudo. E infine l’ultima bordata. Quella che apre un nuovo scenario e allarga l’inchiesta. “Facevano così tutti, anche in altri gruppi consiliari – ha detto al Gip – a più cariche corrispondevano più indennità, anche se ogni gruppo seguiva modalità e proporzioni diverse”. Parole che saranno oggetto di analisi e di approfondimento da parte dei magistrati e che potrebbero fare del caso Fiorito solo la punta dell’iceberg di un sistema diffuso. Al termine dell’interrogatorio i difensori di Fiorito hanno depositato istanza di scarcerazione al Gip. E Batman è ritornato in cella senza neanche la consolazione di coca cola, aranciata e merendine al cioccolato che ieri aveva comprato in grande quantità allo spaccio interno. I medici gli hanno vietato “stravizì dando un taglio a dolci e bibite gassate per il suo stato di salute.

 

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