E’ ripreso davanti alla Corte d’Assise d’appello di Perugia il processo a Raffaele Sollecito e ad Amanda Knox, condannati a 25 e 26 anni di reclusione per l’omicidio di Meredith Kercher. Entrambi sono presenti in aula. L’udienza è ripresa con la deposizione della biologa della polizia scientifica Patrizia Stefanoni.

BIOLOGA SCIENTIFICA ESCLUDE CONTAMINAZIONE REPERTI – La biologa della Polizia scientifica, Patrizia Stefanoni ha escluso la “contaminazione come fatto oggettivo”. Secondo l’esperta “é provato” che sul gancetto del reggiseno indossato dalla vittima quando venne uccisa c’é il dna della studentessa inglese misto a quello di Sollecito. La Stefanoni ha terminato di rispondere alle domande della Procura generale. Sarà ora sentita dai difensori degli imputati. La biologa ha ricordato che nella casa dell’omicidio sono state repertate 133 tracce, 89 nella stanza del delitto. “In nessuna – ha spiegato – è stato isolato il profilo di Sollecito singolarmente”. La genetica forense ha quindi ricordato che il codice genetico dei due imputati è stato trovato solo su un mozzicone di sigaretta. “Se fosse trasmigrato – ha proseguito – nella stanza della vittima sul gancetto del reggiseno si sarebbe dovuto trovare anche il dna della Knox”. Riguardo all’ipotesi avanzata dai periti della Corte che i reperti possano essere stati contaminati dalla polvere nella casa, la Stefanoni ha affermato che questa “si posa ovunque”.

 

Su tutte le tracce analizzate – ha spiegato ancora la biologa – sono stati trovati solo i profili genetici dei due imputati e della vittima mentre nella casa vivevano anche altre due ragazze. La Stefanoni ha poi rivendicato la correttezza delle analisi compiute nei laboratori della Polizia scientifica. Il gancetto del reggiseno venne esaminato – ha spiegato ancora in aula – dodici giorni dopo l’analisi dell’ultima traccia di Sollecito, mentre il coltello considerato come l’arma del delitto è stato lavorato sei giorni dopo l’ultima traccia della vittima. “Nulla – ha ribadito la Stefanoni – è stato portato nella stanza di Meredith dall’esterno”.

CONSULENTE PM, POSSIBILE NUOVO ESAME TRACCE COLTELLO – Le tracce genetiche trovate sul coltello considerato l’arma utilizzata per uccidere Meredith Kercher “potevano e dovevano” essere analizzate dai periti della Corte d’assise d’appello di Perugia. Lo ha detto il professor Giuseppe Novelli, docente di genetica umana all’Università Tor Vergata di Roma e consulente del pm. Oggi ha deposto in aula contestando le conclusioni degli esperti dei giudici perugini che hanno definito “non attendibili” i risultati degli esami della polizia scientifica. Arrivando alle loro conclusioni in base agli atti, dopo avere escluso di poter ripetere l’analisi. Riferendosi ai prelievi sul coltello, Novelli ha parlato di “tracce analizzabili”. “Oggi – ha aggiunto – abbiamo metodi e protocolli che ci permettono analisi anche di quantità inferiori, come accade anche per la diagnosi di malattie umane”. Il docente ha poi escluso la contaminazione del coltello e del gancetto indossato dalla Kercher quando venne uccisa. “La contaminazione – ha affermato – va sempre dimostrata, l’origine e chi l’ha trasportata”. Novelli ha poi spiegato che nei giorni in cui venivano esaminati i reperti, nei laboratori della scientifica erano esaminati centinaia di profili genetici relativi ad altri casi. Il docente ha detto di averli esaminati “uno ad uno” ma “nessuno” aveva caratteristiche compatibili con quelli della Kercher o di Sollecito.

CONSULENTE DELLA DIFESA DI SOLLECITO, ‘NON CORRETTA PROCEDURA SEGUITA DA SCIENTIFICA’ – La polizia scientifica ha seguito una procedura “non corretta” nell’analisi del materiale sul gancetto di reggiseno indossato da Meredith Kercher sul quale è stato trovato il Dna della studentessa inglese misto a quello del giovane pugliese. Lo ha detto il professor Adriano Tagliabracci, consulente della difesa di quest’ultimo deponendo oggi pomeriggio davanti alla Corte d’assise di Perugia. L’esperto ha ricordato che il gancetto è stato spostato e repertato 46 giorni dopo il ritrovamento. “Il sospetto che il materiale su di esso possa essere contaminato – ha aggiunto – è più che forte”. Tagliabracci ha quindi sostenuto che “non sono state eseguite ripetizioni delle amplificazione anche se si trattava di una traccia low copy number, cioé a basso contenuto di Dna”. “Occorreva fare – ha proseguito – tre amplificazioni perché con una il risultato può non essere affidabile. Non è stato poi conservato quanto estratto, per altre analisi, mentre il gancetto è stato lasciato a deteriorare nella soluzione di estrazione”. Il consulente della difesa Sollecito ha inoltre affermato che non è stato tenuto conto di “regole elementari” nella lettura degli elettroferogrammi. “Alcune interpretazioni – ha affermato – sono state piegate alle esigenze dell’accusa”. Tagliabracci ha poi sostenuto che valutando in altra maniera gli stessi elettroferogrammi “si ottiene un profilo diverso da quello di Sollecito, di uno sconosciuto”.

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