La zia materna ed il nonno del bambino di 10 anni prelevato a forza l’altro ieri da scuola su ordine del Tribunale dei Minori sono stati segnalati dalla Questura di Padova alla magistratura per le ipotesi di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e inosservanza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.
La scena del trascinamento del bambino di Cittadella (Padova) da parte di poliziotti “richiede che anche anche in questa sede, come fatto ieri dal capo della polizia ieri, vengano espresse le scuse del Governo”. Lo ha detto il sottosegretario all’Interno, Carlo De Stefano, in un’informativa alla Camera, rilevando che “la crudezza delle immagini offusca altri casi in cui i poliziotti si sono comportati in modo corretto e responsabile. Il comportamento degli agenti “non è sembrato adeguato ad un contesto ambientale difficile e ostile che avrebbe potuto suggerire altre modalità operative”.
La madre del bambino, spiega De Stefano – già in altre due circostanze aveva reso impossibile l’esecuzione del provvedimento dei magistrati che prevedeva l’allontanamento del minore dall’ambiente materno. Il sottosegretario ricorda che sul caso è stata disposta un’inchiesta interna e con queste considerazioni ‘non si vuole anticipare alcun giudizio”. “Il bambino ha passato una notte tranquilla e contiamo di inserirlo in una scuola di Padova nei prossimi giorni”. A dirlo è un rappresentante della Onlus che ha preso in carico, per conto dei servizi sociali del comune di Padova, l’ospitalità del bambino di 10 anni portato via a forza nella tarda mattinata di mercoledì da un istituto scolastico di Cittadella (Padova).
Il passaggio avverrà, spiega, “non appena sarà passato tutto questo clamore che certo non fa bene a quella che è una vittima di questa situazione”. Un bambino “intelligente, vivace e simpatico” finito nel tritacarne della guerra tra i genitori per il suo affidamento. Così viene descritto il piccolo dai giudici della sezione civile minori della Corte d’Appello di Venezia nelle motivazioni, pubblicate dal Gazzettino, con cui è stato stabilito l’allontanamento della madre. Proprio alla donna viene indicata come una delle cause per le quali il bimbo non aveva riconosciuto nel padre la figura genitoriale.
Le viene imputata “la netta ostilità” all’attuazione del dispositivo dei giudici. “Gli incontri del bambino con il padre – scrivono – sono stati del tutto sospesi per iniziativa della madre dal settembre 2010. Sono ripresi solo l’8 febbraio 2012, in uno spazio neutro a Padova, con l’assistenza di un educatore”. Ma il figlio non è mai andato a casa del padre e non ha più avuto rapporti con la sua famiglia. Sempre per i giudici “l’attuale situazione del minore è gravemente rischiosa per la sua evoluzione psicofisica”.
Un concetto reso più evidente con un esempio: “è come un’auto in corsa diretta a velocità sostenuta verso una direzione, ma che è poi sottoposta a una brusca frenata resa necessaria da un cambio di direzione, che lo porta in direzione contraria”. Ancora una volta, nelle motivazioni, torna l’accenno al comportamento della madre, detentrice “di un potere assoluto sul figlio”. Mentre lo sfondo, la cornice della vicenda è “un conflitto sterile e stressante” tra i due adulti. Dunque, per i giudici, non c’é altra strada che allontanare il bambino dalla madre, “per aiutarlo a crescere, per imparare a resettare e reinventare i propri rapporti affettivi”.