I conti non tornano e la Lega si trova ancora una volta al centro di un’indagine che dovrà accertare se la gestione dei 3 milioni di euro nelle disponibilità annue del gruppo del Senato (15, dunque, nella Legislatura), abbia o meno previsto uscite poco chiare.
A scoprire che la Procura di Roma – con il sostituto Roberto Felici – avesse aperto un’inchiesta è il quotidiano La Repubblica che parla di stipendi extra, corrisposti in contanti al capogruppo Bricolo oltre che a Bodega e Mazzatorta; “paghette” per Calderoli; pagamenti di affitti; utilizzo di carte di credito e circolazione di assegni per collaboratori. Le indagini, precisa il quotidiano, sono solo all’inizio e – viene spiegato – gli inquirenti sono in fase di riscontro. Ma tanto basta per agitare le acque all’interno del Carroccio che a fatica si era scrollato di dosso l’onta dei primi scandali dai sapori tutti ‘romani’ che hanno rivoluzionato l’assetto geopolitico del partito. Ciò non bastasse, l’ombra di possibili spese allegre, benefit e affitti pagati con soldi pubblici si affaccia a poche settimane da importanti appuntamenti elettorali, prima di tutto quello che vuole portare il segretario federale Maroni alla guida del Pirellone, consegnando una ‘prima volta’ storica alla Lega che potrebbe governare in tutte e tre le regioni del nord. Di speculazione politica in chiave elettorale si affida Federico Bricolo che se la prende in particolar modo con la credibilità (“nulla”) di chi con le sue rivelazioni ha messo nei guai il suo gruppo a Palazzo Madama. La “gola profonda” è infatti – come indica La Repubblica e conferma successivamente lo stesso Bricolo – la segretaria del tesoriere del gruppo, Maria Privitera, che avrebbe raccontato – cifre e documenti alla mano – di un sistema di finanziamento parallelo a quello regolare. Tutte falsità, tuona Bricolo che con due distinti comunicati – uno di prima mattina e uno pomeridiano – rispedisce al mittente ogni accusa. Spiegando, anzi, che quanto imputatogli non è altro che il frutto di una vendetta di chi (la Privitera) era stato licenziato da tempo. “Mi amareggia infinitamente che, con questo fango da campagna elettorale, il mio nome venga accostato alla schiera di quanti hanno sperperato e lucrato sui soldi pubblici, approfittando dei loro ruoli di potere”, scandisce il senatore assicurando che in tutta la sua vita, ogni incarico che gli sia stato affidato, è stato svolto “con passione ed entusiasmo e fierezza, per dare il mio contributo al partito cui appartengo, e di certo mai realizzando tornaconti personali o perseguendo interessi privati”. Non solo: le notizie pubblicate oggi – secondo il senatore di Sommacampagna – “riprendono una vicenda nota, scaturita da una denuncia per appropriazione indebita promossa dal Segretario Maroni a seguito della quale la segretaria del gruppo al Senato è stata licenziata per gravi violazioni disciplinari”. Ed è dunque in questa chiave, “di ritorsione e malessere”, che vanno lette e ridimensionate, secondo il capogruppo leghista le rivelazioni: comunque “false e prive di ogni fondamento”, facendo sì che è la stessa Lega a doversi ritenere “parte offesa”.