“Possiamo dire che ci fu almeno una trattativa tra uomini dello Stato privi di un mandato politico e uomini di Cosa nostra divisi tra loro e quindi privi anche loro di un mandato univoco e sovrano”.
E’ quanto afferma il presidente della commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, nelle sue comunicazioni finali sui grandi delitti e le stragi di mafia del ’92-’93. “Ci furono tra le due parti convergenze tattiche, ma strategie divergenti – spiega Pisanu – i carabinieri del Ros volevano far cessare le stragi, i mafiosi volevano svilupparle fino a piegare lo Stato”. In effetti, le cosiddette trattative furono almeno due, quella Mori-Ciancimino e quella, “dai tratti piu’ confusi”, che avrebbe puntato alla soppressione del carcere duro. Secondo Pisanu, Cosa nostra “incoraggio” i carabinieri e Vito Ciancimino ma si mantenne su una posizione di forza, innalzando la minaccia delle stragi”; i carabinieri “cercarono coperture politiche e, per quanto ne sappiamo, non le ottennero”: lo Stato, “in quanto tale, ossia nei suoi organi decisionali, non ha interloquito ed ha risposto energicamente all’offensiva terroristico criminale”. Quanto invece ai contatti svolti “all’ombra dell’amministrazione penitenziaria e delle sue articolate relazioni”, avrebbero portato tra il novembre ’93 e il gennaio ’94 al mancato rinnovo del 41bis a 334 detenuti mafiosi, 23 dei quali siciliani “di media caratura criminale: c’e’ unatale sproporzione da mettere in dubbio la stessa ragion d’essere della trattativa”. “Restano tuttavia – ha concluso il presidente della Commissione – alcune coincidenze tra la tempistica delle stragi e le revoche del 41 bis che lasciano intravedere un procedere parallelo, una qualche tacita intesa di uomini dello Stato con Cosa nostra”.