Sei persone, tra medici e amministrativi in servizio al Policlinico Gemelli, e il medico di base che visitò l’infermiera, poi ammalata di tubercolosi, sono state iscritte sul registro degli indagati della procura di Roma per i casi di Tbc che hanno coinvolto più di cento bambini venuti alla luce quest’anno.
Epidemia colposa e lesioni personali colpose sono i reati ipotizzati dal procuratore aggiunto Leonardo Frisani e dal pm Alberto Pioletti. Secondo gli inquirenti una intera struttura di controllo del Policlinico Gemelli non ha funzionato. L’infermiera, ritenuta origine della diffusione della infezione da Tbc, nel 2005 era risultata positiva. Ma da allora nessuno si è preoccupato di richiamarla. Per questo sono accusati, dal pubblico ministero, il “datore di lavoro”, un dirigente dell’ospedale e le due figure da lui delegate per i controlli sul personale: il capo di neonatologia e un funzionario amministrativo. Inoltre due “medici competenti” che avrebbero dovuto visitare la donna; il loro coordinatore e il medico curante della donna, che non si accorse, per un lungo periodo dello stato in cui era la sua assistita.
Secondo quanto si è appreso, le prime risultanze della consulenza disposta dalla Procura di Roma indicherebbero il collegamento tra il ceppo infettivo che ha colpito l’infermiera e quello riscontrato sull’unica bimba ammalata di tbc, nata nello scorso luglio al Gemelli. Questo era uno dei quesiti posti ai consulenti. Nella perizia inoltre si chiede se “la positività alla Tbc equivalga alla malattia”, se sono “state adottate idonee terapie a scongiurare il contagio”, “se sono stati effettuati controlli idonei” e “se la signora si è ammalata per il contatto con il marito (anche egli affetto da Tbc) o con altri soggetti”.
Intanto è stato accertato che l’infermiera, Tbc che potrebbe aver contagiato più di cento bambini nati quest’anno al policlinico, non era stata più sottoposta a visita medica dal 2005. Sei anni fa la donna era risultata positiva: scagionato il marito (anche lui infermiere presso un’altra struttura) colpito da una forma non contagiosa, e l’infermiera, che all’epoca lavorava presso il reparto di fisiopatologia polmonare, che era probabilmente entrata in contatto con un malato. Dal febbraio 2010, l’infermiera era poi passata a neonatologia e tutto era andato per il verso giusto fino a questa estate quando la malattia ha presentato i primi sintomi che il medico di base, secondo chi indaga, non è stato in grado di individuare