Alla vigilia della settimana cruciale per l’elezione del presidente della Repubblica, Pier Luigi Bersani sceglie Corviale, quartiere difficile di Roma dominato dal ‘mostro’ edilizio del Serpentone, ed i problemi della gente reale.
Nomi per il futuro Capo dello Stato non ne fa ma scava la trincea intorno all’unica intesa possibile: una ricerca “onesta fino a prova contraria” e soprattutto nessuno scambio con il governo perché il leader Pd assicura ai militanti che lui “non cede” al Cav perché “un governissimo non è la risposta ai problemi”. Il segretario dem manifesta, insieme a Nicola Zingaretti e Ignazio Marino ma pochi parlamentari, “contro la povertà e per un governo del cambiamento” in un centro culturale aperto grazie ad una sua legge del ’97. E, ricordando la sua attivita’ da ministro, manda un primo segnale destinato ad alimentare gli scenari dei retroscenisti e ad allarmare ancora di più Berlusconi: “Era l’inizio del governo Prodi ed io come altri facemmo parecchie leggi che cambiavano qualcosa sul serio perché cambiare si può, non è vero che siamo tutti uguali”. Dal primo governo Prodi sono passati anni ma lì, ad un governo che riesce a innovare, spera ancora di arrivare Bersani. Nonostante finora abbia ricevuto il no del Cav e del M5S che “predicava” il cambiamento ma ora sbattono le porte e paventano ‘l’inciucio di B&B’ ma così, attacca il segretario dem, si va “avanti nella distruzione del paese”. Mentre le trattative per cercare un Capo dello Stato che rappresenti “l’unità” vanno avanti, i toni di Bersani non lasciano intendere nessun disarmo verso il Pdl anche perché governo e Colle, chiarisce il segretario, “sono due cose diverse”. “Siamo al paradosso – affonda Bersani – vengono a spiegare a noi che la situazione è drammatica e bisogna fare qualcosa. E ce lo dice chi per anni ha detto che i ristoranti erano pieni, ne ha fatte di cotte e di crude, raccontando demenziali panzane. E’ ora di finirla con la demagogia e con la politica attorcigliata sugli interessi di qualcuno”. Toni durissimi, da campagna elettorale, per chiudere ad ogni tentazione, diffusa anche nel Pd, di un abbraccio mortale con Berlusconi per un governo di scopo. Un militante lo interrompe: “Non cedere a Berlusconi” ma per Bersani il dubbio non esiste: “Ma no che non cedo e il perché è perché un governissimo non é la soluzione dei problemi”. Se, però, nel Pd, ripete ancora una volta il segretario, furioso contro chi, come Matteo Renzi, lo dipinge “testardo” e senza dignità, si pensa che lui sia “un intralcio alla causa”, è pronto a farsi da parte. In un momento di massima tensione del partito, dove sono diffusi i timori di implosione e spaccatura anche in vista dell’elezione del nuovo Capo dello Stato, Bersani cerca di mordersi la lingua, “di stare zitto per il partito”. Ma non ce la fa fino in fondo. Al sindaco di Firenze, che lo accusa di aver perso la dignità dietro i grillini, il leader dem ricorda che “l’arroganza umilia chi ce l’ha”. E a Renzi, come a Berlusconi, che lo accusano di perdere tempo, fa sapere che “é indecente” fare “qualunquismo” in un momento in cui, dopo i no alla sua proposta, “si è verificato un incrocio di scadenze istituzionali, un ulteriore elemento di difficoltà in una fase difficile”. Ingorgo che Bersani spera di sciogliere la prossima settimana ma, chiariscono i suoi, non a tutti i costi e, aggiunge Nico Stumpo, “se non c’é l’intesa con Berlusconi sul presidente della Repubblica, Bersani non si suiciderà e una soluzione si trova”.