“Prendere le armi”: per quello che fino ad oggi è stato definito l’ideologo dei Cinque Stelle, professore di filosofia del diritto all’Università di Genova, attivista, sostenitore e plurintervistato dalla Web Tv del Movimento, non sarebbe “una follia”.

Non lo sarebbe, arriva a sostenere, nel caso in cui i partiti intentassero contro il Movimento un “golpettino istituzionale”. E sarebbe addirittura giustificato, azzarda, di fronte alla ‘grave provocazione’ di nominare il direttore generale di Bankitalia al ministero dell’Economia. Parole farneticanti che riportano alla crudezza degli anni di piombo e dei loro folli ‘cattivi maestri’. E che ovviamente provocano lo sdegno di tutti e nette prese di distanza dei parlamentari Cinque Stelle. I quali chiariscono: con lui non hanno nulla a che fare. Il “professor Becchi non è un ideologo del M5S, si tratta semmai di un’etichetta attaccata al personaggio sulle cui posizioni deputati e senatori non si riconoscono affatto”. “Il M5S è contro la violenza e pacifico. Quella è un’idea sua” mette in chiaro anche il vicepresidente M5S della Camera Luigi Di Maio. L’idea di Becchi è quanto mai contorta e la esprime in diverse interviste rilasciate nella giornata che segue l’attacco di Grillo contro i festeggiamenti del Primo Maggio: lo “stanco rito assolutorio dei responsabili, dei sindacati complici”. Nulla, però, in confronto a quello che Becchi riesce a dichiarare oggi. E cioé: “Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci, abbiamo messo un altro banchiere all’economia. Non so quanto il movimento possa frenare la violenza della gente, che è nella natura delle cose”. Il messaggio è fuori di metafora e se ci fosse qualche dubbio, Becchi chiarisce: “se ai 5 Stelle saranno negate le presidenze delle commissioni di garanzia sarà un ‘golpettino istituzionale'” e, a quel punto “non è follia pensare che uno possa prendere le armi”. E ancora: “le rivoluzioni non sono sempre pranzi di gala e quando la situazione diventa esplosiva nella storia abbiamo avuto esempi di questo genere. Abbiamo un presidente rieletto che neanche in Venezuela..”. Frainteso? Lui prova a difendersi: “domani si leggerà sicuramente che Becchi inneggia alla rivolta armata”. Ma quella, sostiene, è “mistificazione dei grandi giornali”. Per fortuna, aggiunge, c’é la Rete: senza di quella “il movimento si sarebbe già esaurito sotto la spinta delle accuse di fascismo, populismo e terrorismo che si leggono sui soliti giornali”. Invece, continua, “fino ad ora il M5S ha canalizzato la protesta che in altre situazioni avrebbe assunto forme violente”. La vera domanda, conclude, “é fino a quando questo potrà accadere. M5s sta facendo il pompiere ma il fuoco è nei rapporti sociali”. Nella sua personalissima ricostruzione dei fatti, che a fine giornata prova a smentire affermando di aver “scherzato”, c’é anche lo spazio per un’altra interpretazione: gli spari fuori palazzo Chigi sono stati “utili” a “dare al governo Letta una maggioranza solida”. Insorge il Pd: “dietrologia intollerabile”. Ma anche il Pdl commenta: “parole farneticanti”, “ha perso la ragione”. A fine giornata arriva la notizia di una spiacevole coincidenza che testimonia di un clima rovente che non ha certo bisogno di agitatori: a Milano viene intercettata una busta sospetta indirizzata a Silvio Berlusconi e che, da un primo esame, sembrerebbe contenere proiettili.

 

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