E’ attesa non prima delle 16.30 la sentenza nei confronti di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, imputati a Milano per il caso Ruby. I giudici, dopo che i Pm hanno rinunciato alle repliche, si sono ritirati in Camera di Consiglio. In aula sono presenti anche il procuratore Edmondo Bruti Liberati, Mora e le ragazze parti civili. Stamani, prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, la difesa di Nicole Minetti ha depositato una memoria (“note di udienza”).
In aula, oltre al procuratore aggiunto Pietro Forno e al pm pm Antonio Sangermano, c’era anche Bruti Liberati il quale, a differenza dello scorso 24 giugno, giorno del verdetto per Silvio Berlusconi, non dovendo sostituire nessun rappresentante della pubblica accusa (allora Ilda Boccassini era assente) non ha indossato la toga. La presenza di Bruti ha un significato ben preciso: rappresentare l’unitarietà dell’ufficio. Sedute tra i banche c’erano anche le tre giovani ragazze che si sono costituite parti civili nei confronti dei tre imputati. Ambra Battilana e Chiara Danese (quest’ultima ha detto in sostanza di essere un poco tesa) e Imane Fadil: le prime due hanno chiesto un risarcimento di 200 mila euro ciascuna, la terza invece di 2 milioni di euro. Per Fede, Mora e Minetti, invece, i pm hanno chiesto sette anni di carcere, 35 mila euro di multa per ognuno, e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici nonché da incarichi e servizi che hanno a che fare con minori. I tre rispondono di induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile perché, per gli inquirenti, avrebbero organizzato il ‘giro’ di ragazze per allietare le feste ad Arcore e “il piacere sessuale”, come è stato detto in requisitoria, del Cavaliere. Mora, durante le sue dichiarazioni spontanee ha definito, questo, un caso di “dismisura, abuso di potere e degrado” di cui lui sarebbe, però, stato “passivo concorrente. Ma oggi – aveva aggiunto – non voglio più mangiare cibo avariato”.