Il brindisi tra Pd e Pdl attorno all’Imu sembra gia’ un lontano ricordo. La fragile tregua e’ saltata sulla mina giudiziaria e sul destino politico e personale di Silvio Berlusconi, che resta appeso al voto della Giunta del Senato convocata per il 9 settembre.
Ad incrinare la “pax fiscale”, la pubblicazione delle motivazioni della sentenza Mediaset che ha condannato il Cavaliere a 4 anni (con interdizione dai pubblici uffici). Motivazioni che hanno avuto l’effetto di uno schiaffo per il Cav dipinto come l’artefice, l’ideatore della truffa fiscale. Una ”sentenza allucinante fondata sul nulla”, ha tuonato Berlusconi che ha stracciato con rabbia quell’identikit da criminale incallito affibbiatogli dalla Corte Suprema. E, contestualmente, e’ partito l’altola’ verso il Pd e chi intende ‘farlo fuori’ dalla politica utilizzando il grimaldello del voto parlamentare nella Giunta delle elezioni del Senato chiamata a pronunciarsi sulla eventuale decadenza da senatore del Cav. Guai se cio’ accadesse – ha avvisato l’ex premier – se qualcuno pensasse di eliminarmi sarebbe una ferita profonda alla democrazia”. D’altra parte dal Pd fino a ieri sono giunti deboli segnali di apertura che si contano sulle dita di una mano: Ranieri, Fioroni, e soprattutto Violante con il suo ‘lodo’ (che non dispiace neanche al Colle). Ma la linea ufficiale del Pd, quella che non fa sconti, e’ stata ribadita dallo stesso leader. Guglielmo Epifani ha definito ancora piu’ ‘grave’ la sentenza che condanna il Cavaliere proprio perche’ tocca un leader. ”Non e’ una sentenza fondata sul nulla – ha ribattuto il segretario del Pd – si tratta di un reato particolarmente pesante e particolarmente grave se commesso da un esponente politico”. ”Per noi la giustizia deve essere uguale per tutti. Nessuno e’ sopra la legge e le sentenze si rispettano”, ha aggiunto Epifani per il quale ”non c’e’ qualcuno piu’ uguale degli altri”. Ha poi messo in chiaro che la legge Severino non gli sembra ”per nulla e in nulla illegittima del punto di vista costituzionale”. E ha percio’ smontato in un battibaleno il castello costituzionale costruito dai legali del Cavaliere per chiamare in causa la Consulta e stoppare i lavori della Giunta. Ma dal Pd gia’ erano giunti segnali di guerra attraverso il responsabile giustizia del partito: Danilo Leva aveva infatti messo nero su bianco in una nota il no del partito a ”tempi supplementari” per la Giunta: dopo la pubblicazione delle motivazioni della Cassazione, per Leva si e’ avuta la ”conferma di una condanna giustificata in pieno”. Ne discende che la legge deve fare il suo corso e la sentenza va applicata. D’altra parte, come ha rimarcato Epifani, ”la Giunta non e’ una ordalia”: si riunira’ e ‘decidera’ serenamente’. Tutt’altro che sereni sono invece i pidiellini che dopo le motivazioni si sono scatenati contro quello che coralmente hanno definito ‘teorema politico’. L’accusa l’ha lanciata anche Renato Schifani che ha parlato di ”obbrobrio giuridico”. Mentre la fedelissima del Cav, Micaela Biancofiore punta tutto su una revisione del processo con il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo (”Ci sara’ un giudice a Strasburgo”). Nel frattempo per Berlusconi c’e’ un procuratore a Napoli, Giovanni Colangelo, che ha definito ”prive di qualsiasi fondamento le notizie di stampa su un ordine di custodia per il Cavaliere giacente nei cassetti della procura, da eseguire in caso di decadenza da senatore. Questo nell’ambito della vicenda giudiziaria legata alla presunta compravendita di parlamentari per far cadere il governo Prodi.