PIEDIMONTE MATESE – Ha citato, nel corso di un appassionato e seguitissimo intervento, una frase che gli sta molto a cuore di un pensatore e uomo politico inglese, Eduard Burke: “perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione. La rinuncia a combattere non è nel suo dna. Don Aniello Manganiello, in un’aula consiliare strapiena(“sono basito di tanta presenza”), di Piedimonte Matese, si è presentato così. Anzi, così ha presentato la sua fede operosa fondata semplicemente sul Vangelo.
L’occasione è stata la presentazione del suo libro- intervista, curata dal giornalista Andrea Manzi, “Gesù è più forte della camorra-I miei sedici anni tra lotta e misericordia”, in cui ha raccontato i suoi 16 anni nel quartiere angariato, come più volte ha rilevato, di Scampia, prima di essere trasferito . “Occorre rischiare ed avere coraggio questa è la sfida di noi meridionali se vogliamo redimere i nostri territori- ha scandito dopo gli interventi del senatore e componente della commissione antimafia, Carlo Sarro, del magistrato Raffaele Cantone(“il primo codice anticamorra è il Vangelo”) ed il vescovo Valentino Di Cerbo.Don Manganiello ha ricordato con passione l’azione pastorale dell’ex vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro e di Don Giuseppe Diana(“ il mio libro avrebbe dovuto chiamarsi per amore di Scampia non tacerò come il libro del prete ammazzato dalla camorra”). Quello che mi ha trasportato è stato proprio l’amore verso quella gente di Scampia rappresentata con troppo stereotipi, contro una visione unilaterale di quella comunità che ha anche tanti aspetti positivi. Un pubblico riconoscimento anche a magistrati come Raffaelo Magi , Franco Roberti, Cantone (il magistrato ha espresso apprezzamento per l’opera di Don Aniello,pur dissentendo su alcuni passi come quando mostra scetticismo verso l’efficacia della cosiddetta anticamorra culturale- intellettuale).”Ci vuole antimafia culturale ma anche anticamorra di opere. Anche il mio libro vuole essere un contributo per educare alla legalità” ha dichiarato il prete dell’opera Guanella( un richiamo anche all’intuizione oratoriale nella realtà settentrionale di S.Filippo Neri e S.Carlo Borgomeo) .Ha chiamato in causa, interrogandosi(“ogni tanto vado in crisi” ha detto rivolgendosi al vescovo) anche la chiesa del Sud, sia pure su un piano socio-storico:” la chiesa nel meridione è molto capillare , radicata ma perché è stato poco incisiva ?”. “E’ un libro che ci provoca- ha dichiarata a sua volta i vescovo Di Cerbo, che ci fa interrogare sulla coerenza tra vita e vangelo. Il prete non è uno che parla ma che si sporca le mani .Eì un educatore” riferendosi alla figura sociale del sacerdote in generale. Non si può burocratizzare la pastorale” ha concluso.“Quella dei don Aniello è un diario di un’esperienza nel rione Scampia scritto con linguaggio di grande schiettezza” ha esordito Sarro dopo gli interventi di Liberato Scarpato ed Ivan Langellotti, rispettivamente presidente e segretario dell’associazione culturale “La Sorgente” che ha organizzato l’incontro. Presenti numerosi amministratori e rappresentanti della magistratura e del mondo dell’avvocatura oltre che delle forze dell’ordine, il capitano Salvatore Vitello e tra il pubblico anche il maggiore Costantino Airoldi ed il consigliere regionale Daniela Nugnes. Al termine è intervenuto anche il questore di Caserta,Guido Longo A coordinare e moderare il dibattito la giornalista Maria Luisa Boleto(Il Velino).
Michele Martuscelli