Non puo’ donare il sangue perche’ e’ lesbica ed ha una relazione con la sua donna da meno di quattro mesi, quindi e’ considerata a rischio malattie veneree. E’ la denuncia di Licia Marchesi, una impiegata romana 40enne
che lavora in uno studio commerciale. Ieri mattina la donna, in compagnia di una sua amica, si e’ recata al Policlinico Umberto I di Roma per donare il sangue. Ma la donna riferisce di avere avuto un’amara sorpresa: al colloquio informativo ha detto al medico di convivere con la sua compagna, Maria, da poco piu’ di tre mesi, e con un certo imbarazzo si e’ sentita dire che non poteva donare il sangue in quanto “omosessuale” con relazione da meno di 4 mesi, e quindi da considerarsi soggetto “a rischio” per la trasmissione di malattie veneree in relazione ai nuovi protocolli nosocomiali. La donna si e’ rivolta a un avvocato, e non esclude di intraprendere azioni legali per essere stata vittima di discriminazione. Critiche le associazioni omosessuali: “Vietare la donazione di sangue a una persona per il suo orientamento sessuale e’ una violazione delle norme in materia in vigore nel nostro Paese”, attaccano Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center e Roberto Stocco, presidente di Arcigay Roma. “Ci auguriamo che sull’episodio denunciato da una donna lesbica, che riguarda il centro trasfusionale del Policlinico Umberto I di Roma, sia fatta piena luce. Non bisogna creare allarmismo sociale sul tema della donazione di sangue, nell’interesse di tutti i cittadini, anche lesbiche, gay e trans, che con senso civico donano il sangue, sia per chi lo riceve. Si tratta di una questione che va affrontata dal punto di vista medico e scientifico. Come associazioni monitoriamo costantemente le procedure e lavoriamo per evitare ogni forma di discriminazione”.