I boss del clan dei Casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine hanno accettato di farsi interrogare al processo in cui sono imputati, insieme con i loro avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello, per le minacce rivolte allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. I due boss hanno risposto in videoconferenza alle domande del pm della Dda Antonello Ardituro.
Entrambi gli esponenti dei Casalesi, detenuti in regime di carcere duro, hanno respinto le accuse, ma con toni e argomenti che sono apparsi molto diversi. «Se Saviano si è sentito offeso o minacciato gli chiedo scusa», ha detto Bidognetti precisando comunque di non aver partecipato alla stesura dell’istanza che lesse in aula l’avvocato Santonastaso per chiedere il trasferimento in un’altra sede del processo di appello Spartacus (contro numerosi boss e gregari dei Casalesi). Un testo che conteneva espressioni minacciose nei confronti di Saviano, Capacchione e alcuni magistrati antimafia. «Non ho mai minacciato né Saviano né Capacchione e non ho mai avuto nulla contro i giornalisti», ha detto Cicciotto ‘e mezzanotte. idognetti ha negato di essere un camorrista («lo dicono le sentenze, io non lo so, lo leggo solo nelle carte dei processi») sostenendo che si guadagnava da vivere fittando alcuni terreni di sua proprietà nel Casertano. È detenuto dal 1993 in regime di 41 bis. Ha inoltre detto di aver letto alcune pagine di «Gomorra» di Saviano: «Ha scritto che sono uno degli artefici dell’omicidio di Bardellino ma io non sono mai stato imputato per questo delitto». Quanto all’istanza di remissione del processo, ha spiegato di aver appreso dell’iniziativa dei legali soltanto mentre Santonastaso la stava illustrando in aula e di non avere responsabilità in quanto si trattava di un fatto tecnico sul quale non aveva alcuna competenza. Più breve l’interrogatorio di Iovine, il quale ha dichiarato di non avere intenzione di chiedere scusa a Saviano e Capacchione per il semplice atto di non avere avuto nulla a che fare con l’istanza al centro del processo. Ed ha sottolineato che all’epoca dei fatti era latitante. Il pm gli ha domandato chi lo avesse aiutato durante la latitanza, ma Iovine si è rifiutato di rispondere in quanto – ha affermato – avrebbe dovuto mettere nei guai molte persone.