Una tenaglia di povertà e deprivazione che giorno dopo giorno stringe ai fianchi sempre più bambini e adolescenti, costringendoli a vivere un presente con pochissimo “ossigeno” e un futuro segnato da una crescente povertà economica ma anche educativa e di competenze, rispetto ai coetanei europei.

È il contrario di ciò che dovrebbe essere l’infanzia e di come dovrebbe essere il nostro paese per le sue giovani generazioni ciò che emerge ne “L’Italia SottoSopra”, il 4° Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia di Save the Children, diffuso stamattina alla presenza, tra gli altri, del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Enrico Giovannini, dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora, del Dirigente nel Servizio Studi di Struttura Economica e Finanziaria della Banca d’Italia Paolo Sestito, del Direttore Dipartimento Statistiche Sociali ed Ambientali ISTAT Linda Laura Sabbadini (diretta twitter #ItaliaSottosopra).

Sono 130.000 i minori che vivono in povertà assoluta in Campania (1), documenta L’Italia SottoSopra con l’aiuto anche di 50 mappe; 260.000 i minori che vivono in comuni in default o sull’orlo del fallimento. Una condizione di svantaggio che sempre più spesso va di pari passo con una notevole contrazione o inadeguatezza dei servizi socio-educativi e socio-sanitari: per esempio in Campania, pur non essendo diminuita, resta tuttavia una delle più basse d’Italia la percentuale di bambini presi in carico dagli asili pubblici, pari al 2,8%; e una contrazione riguarda anche il numero di consultori, ridottisi di 20 unità. Il 27,7% di ragazzini di 8/9 anni è in sovrappeso – dato più alto a livello nazionale – e uno su cinque è in condizioni di obesità: il cibo buono costa e il 76,8% di famiglie con bambini in Campania ha ridotto la qualità/quantità per almeno un bene alimentare. Ancora maggiore la riduzione dei consumi non alimentari: -151 euro in meno al mese. E in parallelo con la povertà economica cresce purtroppo anche la povertà d’istruzione: sui 24 paesi Ocse Italia ultima per competenze linguistiche e matematiche nella popolazione 16-64 anni e per investimenti in istruzione: +0,5% a fronte di un aumento medio del 62% negli altri paesi europei (Ocse); è del 22% la quota di early school leavers in Campania (2), il valore più alto dopo Sardegna e Sicilia.

 

“In questa fase di crisi i bambini e gli adolescenti si ritrovano stretti in una morsa: da una parte c’è la difficoltà di famiglie impoverite, spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall’altra c’è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all’infanzia, progetti che chiudono. In mezzo 130.000 bambini in povertà assoluta, in contesti segnati spesso da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle”, commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia.

 

“Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice: la <<febbre>> è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata. E la cura è, secondo Save the Children ma anche istituzioni autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ocse, investire in formazione e scuola di qualità, laddove l’Italia è all’ultimo posto in Europa per competenze linguistiche e matematiche della sua popolazione. La recessione non è iniziata <<soltanto>> 5 anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all’euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinata dal mancato investimento, a tutti livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza. Sotto questo aspetto, l’Atlante non offre solo una mappa di ciò che non va, ma mostra bene in controluce ciò che si può e si deve fare per rimettere a posto le cose”.

 

La crisi nel carrello

Tra il 2011 e il 2012 in Campania la spesa media non alimentare mensile dei nuclei con bambini si è ridotta di oltre 150 euro. I tagli sono andati a colpire soprattutto l’abbigliamento, i mobili e gli elettrodomestici, la cultura, il tempo libero e i giochi: quelli più consistenti si registrano al Sud e al Centro (rispettivamente – 2,56 e 1,82) per quanto riguarda il vestiario, al Nord per la sanità (-0,66%) e nuovamente nel Mezzogiorno per il tempo libero e la cultura (-0,90 punti percentuali). Per quanto riguarda la spesa alimentare, il 66% di famiglie con figli in Italia – ovvero ben 4 milioni 400 mila nuclei familiari con prole – ha ridotto la qualità/quantità della spesa per almeno un genere alimentare. In Campania la riduzione ha riguardato un numero ancora più consistente di nuclei con figli: il 76,8% di essi.

 

Il default dei servizi sociali e degli enti locali

A livello nazionale sono oltre 650 mila i minori che vivono in comuni completamente falliti e senza un euro in cassa (72) o sull’orlo della bancarotta (52). In Campania in particolare sono 260.637 i minori che versano in queste condizioni e 27 i comuni interessati. Amministrazioni costrette ad alzare al massimo le tasse per le prestazioni fondamentali o anche a ridurre alcuni servizi cruciali. Uno svantaggio che sempre più spesso va di pari passo con una notevole contrazione o inadeguatezza dei servizi socio-educativi e socio-sanitari: per esempio in Campania resta ferma al 2,8% – uno dei dati più bassi d’Italia – la percentuale di bambini presi in carico dagli asili pubblici, e una contrazione riguarda anche il numero di consultori, ridottisi di 20 unità.

 

L’ascesa della povertà infantile

Dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta in Italia sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012 il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all’anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (+ 166 mila minori, per un incremento del 43% rispetto al 2011) e al Centro (+41%) e un aumento relativamente più “contenuto” (+20%) al Sud, colpito intensamente dalla povertà negli anni scorsi.

In particolare in Campania sono 130.000 in povertà assoluta, l’11,7% della popolazione minorile rispetto ad una media nazionale del 10,3%. Ma chi sono i bambini che non hanno il necessario per una vita dignitosa? Sono i figli di genitori disoccupati, oppure monoreddito, o ancora bambini i cui genitori hanno un livello d’istruzione basso.

 

“Tra povertà economica e povertà educativa c’è una stretta relazione e l’una alimenta l’altra in un circolo perverso”, sottolinea Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children Italia. “Se si comparano i consumi di una famiglia in povertà con una benestante, si rileva che, a livello nazionale, nella prima le spese per il pane e il cibo assorbono quasi il 35% del reddito mensile a fronte dell’ 11% circa di una famiglia più agiata. Così, i meno abbienti cercano di risparmiare dove possono e finisce che all’istruzione – libri scolastici, lezioni private, rette, o anche al tempo libero possano destinare le briciole, pochi euro al mese a fronte delle diverse centinaia di euro delle famiglie più abbienti. Questo deficit di spesa educativa delle famiglie in povertà non è compensato da investimenti pubblici su welfare ed educazione, con il risultato che i bambini più poveri vivono una gravissima contrazione delle opportunità educative indispensabili per la loro crescita”.

 

Crescere nell’Italia SottoSopra

La povertà nel suo senso più ampio – basso reddito, disoccupazione, mancanza di supporti emotivi e psicologici, mancanza di protezione ambientale – rappresenta il maggior “determinante di salute”, cioè ha un impatto rilevante e in negativo sulla speranza di vita e la salute media. “Studi autorevoli confermano anche la stretta relazione fra i bassi livelli di istruzione delle madri e degli stessi ragazzi e l’insorgenza di alcune patologie come l’obesità. Al crescere dell’istruzione da parte delle madri aumenta il loro grado di consapevolezza sul reale stato di salute dei figli e ciò costituisce un fattore importante di prevenzione e riduzione del rischio”, spiega ancora Raffaela Milano.

 

Povertà educativa

Il capovolgimento dell’Italia SottoSopra, oltre che da fattori contingenti, è prodotto dalla debolezza strutturale del suo capitale umano, caratterizzato da un diffuso <<analfabetismo funzionale>>.

L’Italia è in ultima posizione fra i 24 paesi Ocse per competenze linguistiche e matematiche (3). In particolare è il fanalino di coda in quanto a percentuale di individui (16-64 anni) intervistati con un punteggio intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche (250 il punteggio del nostro paese a fronte di una media Ocse di 277). I dati riflettono in parte le competenze limitate della popolazione più anziana (55-65 anni), mentre le fasce più giovani (16-24 anni) mostrano un recupero di oltre 20 punti sia in lingua che in matematica ma il progresso non è sufficiente ad eguagliare le performance della media Ocse: i laureati italiani, in quanto a capacità linguistiche, fanno mediamente peggio dei diplomati di Australia, Giappone, Finlandia e Paesi Bassi. A fronte di ciò, la spesa pro-capite per gli studenti della scuola primaria e secondaria è rimasta di fatto invariata (con un incremento minimo dello 0,5% in termini reali fra il 1995 e il 2010), mentre nei paesi Ocse l’investimento per le stesse voci aumentava in media del 62%. .

 

L’ascensore rotto della scuola

In un quadro di depotenziamento della scuola non stupisce se essa fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e favorendone il rafforzamento delle competenze. Nel quinquennio 2002-2007 la percentuale di giovani con un basso livello di istruzione si era ridotta di 4,5 punti in percentuale, quasi un punto all’anno; dal 2007 al 2012 i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo ben più lento dello 0,4%, passando in 5 anni dal 19,7% all’attuale 17,6% per un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo. In Campania è del 22% la quota di ragazzi che interrompono prematuramente gli studi.

 

Le Aree ad Alta Densità Educativa

 

“La intensa povertà e deprivazione in cui vivono sempre più bambini, adolescenti e giovani, vuol dire innanzitutto riduzione delle libertà di scelta, privazione di opportunità, chiusura di orizzonti, impossibilità di fissare e raggiungere traguardi. Ancora prima della mancanza di reddito è questa la povertà che spezza le gambe: una condizione che si può contrastare solo tornando ad investire sulla educazione. Serve più scuola, e di prim’ordine e, allo stesso tempo, servono <<territori ad alta densità educativa>>, dove tutti i bambini, senza alcuna eccezione, possano non solo studiare ma fare attività ugualmente rilevanti e formative, come sport, musica, gioco, socialità, scoprendo le proprie passioni e talenti e imparando a pensare il futuro in modo aperto.”, spiega ancora Raffaela Milano Non mancano gli esempi cui ispirarsi, le energie e le capacità per ribaltare l’Italia sottosopra. Basta guardare a progetti come INVFactor del Cnr-Irps che, attraverso un concorso per la migliore invenzione realizzata, sta portando alla luce la creatività e intelligenza di tanti studenti di istituti tecnici italiani, la rete delle orchestre giovanili, le esperienze di contrasto alla dispersione scolastica che incidono non solo sulla didattica nelle classi, ma anche sul rafforzamento delle opportunità educative fuori da scuola, sui territori”.

 

“Con la pubblicazione dell’Atlante Infanzia speriamo di contribuire ad accrescere la consapevolezza dei seri rischi che gravano su tanti giovanissimi ma anche sulla reale possibilità di cambiare il presente”, dichiara Claudio Tesauro, Presidente Save the Children Italia. “Oltre all’impegno internazionale, Save the Children da più di 10 anni sviluppa programmi per i bambini e gli adolescenti in Italia e in particolare nel 2011 ha attivato un programma di cinque anni, con l’obiettivo di contribuire a rafforzare e rinnovare le infrastrutture sociali ed educative dedicate ai diritti dei minori, con particolare attenzione a quelli in situazione di maggiore disagio. Lo scorso anno sono stati oltre 40mila, dal nord al sud d’Italia, i bambini e adolescenti coinvolti e supportati direttamente da Save the Children e la sua rete di partner locali.” dichiara Claudio Tesauro, Presidente Save the Children Italia. “Dal 2012, inoltre, per mobilitare l’opinione pubblica italiana e le istituzioni politiche, l’Organizzazione promuove una campagna in aiuto dei bambini a rischio in Italia, coinvolgendo singoli cittadini, imprese, enti locali, il mondo della cultura e dell’informazione”

 

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