Professionisti in grado di coordinare ed attivare il percorso assistenziale, valutare e veicolare i bisogni delle persone disabili, ma soprattutto costruire reti, servizi e soluzioni per sostenere nella vita di ogni giorno, chi ha perso la propria autonomia. E poi venire incontro ai suoi familiari, quasi sempre disarmati di fronte ad una situazione improvvisa che richiede adempimenti burocratici, conoscenze e competenze specifiche. Questa nuova figura si chiama Disability Manager ed è prevista nel campo delle pari opportunità di cui presto si doteranno le Pubbliche istituzioni.
Clemente Cipresso (manager sanitario), Anna Cucca (psicologa), Daniela Fanuzzi (architetto), Teresa Ferrantino (psicologa), Rosanna Ferrari (neuropsicomotricista), Carmela Gaglione (educatore), Margherita Icario (avvocato), Amelia Scogliamiglio (assistente sociale), Luigi Vitale (pedagogista) sono i primi specialisti in Campania dove iniziative per disabili e fasce svantaggiate sono sempre più ridotte.
Il disability manager, previsto già nel Libro bianco delle politiche di Welfare, è una figura professionale altamente qualificata: deve conoscere le dinamiche culturali in atto e le problematiche bioetiche, può intervenire, sulla base di una chiara concezione della persona e dei suoi diritti inalienabili, assicurando un servizio multidisciplinare centrato sulla persona e sulle sue esigenze piuttosto che soltanto sull’organizzazione e i bisogni del sistema stesso.
“Creare il disability manager nei ministeri è un obiettivo realizzabile”, lo ha detto recentemente il ministro del Lavoro Giovannini parlando alla platea della Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità in corso a Bologna. C’è già chi sostiene che sia in atto una revisione del testo unico con l’obbligatorietà della figura professionale per i Comuni che superano i 50mila abitanti. Partendo dalle offerte disponibili sul territorio, la nuova figura professionale si propone di superare i confini tra i servizi, fungere da coordinamento ed integrazione per i servizi socio-sanitari, di valorizzare le singole realtà già operanti nelle realtà comunali, per favorire l’accessibilità (urbanistica e non solo), l’assistenza alla famiglia, l’integrazione scolastica, l’inclusione lavorativa o il turismo.