Una decina di parlamentari disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o altri benefit: a Napoli sarebbe stato aperto un nuovo filone di indagine sulla compravendita di deputai e senatori che toccherebbe Silvio Berlusconi. La notizia è pubblicata questa mattina dai principali quotidiani.
I reati che sarebbero stati ipotizzati, al momento senza indagati, coinciderebbero con finanziamento illecito e corruzione. I fatti in questione sarebbero il voto sulla sfiducia a Berlusconi andato a vuoto il 14 dicembre 2010 e altre votazioni relative alle vicende giudiziarie che coinvolgevano il Cavaliere. Si tratterebbe dei casi Ruby e diritti tv. La convinzione dei magistrati, sostenute anche dalla testimonianza di Sergio De Gregorio, l’ex senatore dell’Idv che ha patteggiato nel primo filone dell’inchiesta una condanna a un anno e 8 mesi, è che ci fosse un vero e proprio ‘sistema di elargizione’ che ha coinvolto partiti e parlamentari. Anche per questo sarebbe stato acquisito dalla Gdf l’elenco dei parlamentari che, nelle diverse occasioni, votarono contro l’indicazione del proprio partito in commissione e poi in aula. Le verifiche prenderebbero le mosse da quanto avvenuto il 14 dicembre del 2010 quando la mozione di sfiducia a Berlusconi fu respinta alla Camera per 314 voti contro 311. Le indagini si focalizzerebbero sul ruolo decisivo dei quattro deputati di Fli – citati da Corriere della Sera e Repubblica – che si schierarono a favore del Cavaliere e contro l’indicazione del loro gruppo, guidato da Gianfranco Fini: Catia Polidori, poi nominata sottosegretario allo Sviluppo; Maria Grazia Siliquini, poi designata nel Cda delle Poste; Giampiero Catone, diventato sottosegretario all’Ambiente; Silvano Moffa, eletto presidente della commissione Lavoro della Camera. Gli accertamenti, affidati al Nucleo di polizia tributaria, puntano a scoprire eventuali collegamenti tra il voto dei quattro deputati e le loro successive nomine. Un altro momento sotto la lente della magistratura riguarderebbe la votazione del 5 aprile 2011, quando la Camera sollevò conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale sul caso Ruby. In questa occasione, scrive il Messaggero, ‘decisivi furono i voti dei Lib-dem Daniela Melchiorre e Danilo Tononi, oltre che dell’ex Mpa Aurelio Misiti’. Il giornale di Roma cita poi i parlamentari ex Fli ‘che a febbraio 2011 impedirono che Berlusconi fosse perquisito in relazione al caso Ruby’: Roberto Rosso, Giulia Cosenza e Luca Barbareschi.