Nicola Cosentino detiene tuttora “un potere politico radicato e di particolare incidenza nel territorio casertano e regionale che permane anche all’esito delle strumentali dimissioni dalla cariche”. Sono le argomentazioni dei pm della Dda di Napoli condivise dal Tribunale del Riesame che ha confermato la custodia in carcere dell’ex parlamentare del Pdl ed ex sottosegretario all’Economia nell’ambito dell’inchiesta sulle attività degli impianti di distribuzione di carburanti nel Casertano in cui l’esponente politico è accusato di concorrenza illecita, estorsione e concussione, reati aggravati dal metodo mafioso. Le motivazioni del provvedimento del Riesame (presidente Sandro Ciampagnia, consiglieri Maria Luisa Miranda e Sabrina Calabrese) sono state depositate oggi. I giudici hanno accolto le richieste dei pm della Dda Antonello Ardituto e Fabrizio Vanorio e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. I giudici si riportano sia alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e l’esito di recenti indagini. Durante una perquisizione, ricordano i giudici, il 3 aprile scorso sono stati rinvenuti nell’abitazione di Cosentino “lo statuto dell’Associazione Forza Campania, non sottoscritto, una nota manoscritta a firma del sindaco di Caserta Pio Del Gaudio che concludeva: ‘…io sono un tuo amico, mi hai fatto diventare sindaco, sono legato a te, sarò sempre un tuo riferimento’ “. Tra le carte sequestrate anche una busta con mittente prefetto di Caserta Ezio Monaco indirizzata “all’Ill.mo On. Dott. Nicola Cosentino”, e all’interno una busta con tre chiavi, di cui una di un cancello laterale della Reggia di Caserta (dove Cosentino si recava per fare jogging). I magistrati parlano di “continuativo e stabile rapporto con uomini delle istituzioni (e non solo) alcuni dei quali per loro stessa ammissione divenuti tali grazie a Nicola Cosentino”. I magistrati confutano anche l’argomentazione dei difensori che avevano evidenziato, per attenuarne il significato, come le chiavi trovate in possesso dell’ex parlamentare non fossero della prefettura bensì della Reggia, fornite a Cosentino a titolo di ”cortesia”. ”Non solo sfugge – scrive il Tribunale – perché il possesso di chiavi di accesso a locali della Reggia di Caserta debba essere considerato meno grave del possesso di chiavi della Prefettura ma soprattutto che il dato fa emergere con evidenza che Cosentino aveva la possibilità di accedere in qualsiasi ora a locali certamente riservati con il consenso di chi doveva invece vigilare”.


 

 

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