Tumore al seno, l’importanza di percorsi di psico-oncologia. Con il suo intervento Stefania Carnevale, anche psicoterapeuta ha parlato del lavoro che svolge come psico-oncologa all’interno dell’equipemultidisciplinare del Centro Interdipartimentale di Senologia del policlinico A. Gemelli di Roma. Il servizio di psico-oncologia è stato istituito grazie al contributo della komen Italia Onlus, che ha reso possibile anche la realizzazione del progetto “La rete rosa”.
Nel parlare di tumori del seno ha fatto riferimento ad un modello biopsicosociale per il quale consideriamo ogni condizione di salute o di malattia come la conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali (immaginate quanto il tumore al seno abbia una ricaduta rilevante in ognuno di questi livelli). Come è facilmente intuibile la psico-oncologia è la disciplina che ha come obiettivo l’integrazione tra le scienze psicologiche e l’oncologia, la promozione del benessere psicologico, sociale e fisico dei/delle Pazienti e delle loro Famiglie attraverso interventi psicologico – clinici e riabilitativi, con una particolare attenzione al campo della ricerca e della formazione. “Nel parlare degli obiettivi- detto la Carnevale- della psico-oncologia mi preme sottolineare quanto il riconoscimento dei bisogni psicosociali sia un diritto fondamentale e parte integrante del processo di cura della persona. Tale diritto è istituzionalmente sancito dal consiglio dell’unione europea: “Il Consiglio dell’Unione Europea invita gli Stati Membri a rendere operative procedure per dare risposta ai bisogni psicosociali delle persone con cancro nella assistenza clinica oncologica, nella riabilitazione e negli interventi di follow-up…” e trova la sua ricaduta anche a livello nazionale con ilPiano oncologico nazionale 2010-2012: “La rilevazione precoce delle dimensioni psicosociali (screening del disagio emozionale, rilevazione dei bisogni del paziente e della sua qualità di vita) rappresenta il presupposto per individuare le persone che necessitano di interventi mirati” (…) “l’attivazione di percorsi psico-oncologici di prevenzione, cura e riabilitazione del disagio emozionale, siano essi di supporto o psicoterapeutici (individuali, di gruppo, di coppia, familiari), risulta fondamentale per il paziente e per la sua famiglia”. Ma qual è il significato, anche simbolico, che questa malattia evoca nella mente di una donna? Sappiamo che la neoplasia mammaria, più di altre malattie, può incidere sull’autostima della donna, poiché attacca uno degli organi simbolo della femminilità: il seno. Essa si ritrova a vivere un vero e proprio lutto per una parte di sé che, in senso letterale e figurato, perde (in particolare per le pazienti che devono sottoporsi a mastectomia). Si teme così di non essere più “donna”. La malattia, quindi, non è solo un attacco ad una parte di sé, ma una minaccia all’intera identità. Da queste considerazioni emerge che la forte angoscia che evoca tale malattia sicuramente gioca un ruolo fondamentale anche nelle forme di prevenzione. Ci possiamo chiedere infatti: “In che modo e in che misura i fattori psicologici possono influenzare le modalità di prevenzione delle donne?” Numerose donne che devono effettuare esami di controllo o sono affette da neoplasia spesso tendono, attraverso difese di negazione, rimozione, evitamento a procrastinare l’intervento medico, con le immaginabili conseguenze che tali meccanismi comportano sul decorso della patologia e sulla aderenza alle cure. Negazione:può rallentare la diagnosi di neoplasia (per es.: tendenza a minimizzare o atteggiamento caratterizzato da un eccessivo ottimismo, pensare che la diagnosi non sia esatta, ecc.) Evitamento: è uno dei meccanismi messi in atto quando è presente una forte componente ansiosa. La persona evita situazioni che possono essere percepite come fortemente minacciose per la propria integrità. Rimozione: la paziente vive e agisce nei confronti della sua malattia o, prima ancora, di sintomi sospetti, dando l’impressione che tutto vada bene. L’essenza della rimozione è un “dimenticare motivato”. Naturalmente tali meccanismi di difesa della nostra mente entrano in gioco quando la nostra mente si sente minacciata da situazioni che possono incidere sulla nostra integrità psicofisica, come nel caso di malattia. Attraverso l’intervento psico-oncologico, che si può declinare nelle forme di psicoterapia individuale o di gruppo, possiamo lavorare su diversi aspetti:
• Valutazione dell’impatto psicologico della diagnosi, della malattia e delle terapie;
• analisi della condizione psichica, della personalità e individuazione di eventuali tratti che possono ostacolare lemodalità di adattamento alla situazione di malattia;
• qualità delle relazioni familiari e sociali;
• Favorire l’opportunità di uno spazio d’ascolto incoraggiando la verbalizzazione delle emozioni negative;
• gestire l’elaborazione della rabbia correlata alla malattia;
• mobilitare le risorse interiori per favorire l’adattamento;
• promuovere la comunicazione nei rapporti tra paziente, famiglia e staff medico;
• utilizzare tecniche a mediazione corporea per ridurre l’ansia e gli effetti dei trattamenti;
• restituire alla donna e alla famiglia il senso del futuro.
Voglio infine parlare di una condizione che finora non ho menzionato: la vergogna. Molto spesso questa malattia è associata alla vergogna e al senso di colpa.. ad un livello non solo personale ma anche sociale e culturale. La parola “tumore” difficilmente si pronuncia, si parla ancora di “brutto male”, malattia incurabile” … rompere il muro di silenzio, far sì che le donne riescano a guardarsi allo specchio e ad osservare le proprie paure attraverso il supporto di chi si opera per migliorare la loro condizione di malattia, significa anche aprirsi al supporto della comunità, come si pone da obiettivo “La rete rosa”.