Nascite in picchiata a Napoli e in Campania. In quattro anni la regione ha visto dimezzarsi il numero di parti. I dati parlano chiaro: si è passati da 46.078 nati nel 2019 a 43.276 nel 2021. Non va meglio nella città di Napoli dove, per la prima volta, il tasso di natalità non è superiore alla media nazionale. Secondo i dati registrati dalla Asl Napoli 1 Centro, nel 2022 (gennaio-giugno) sono sparite oltre settemila culle rispetto a quelle rilevate nel 2019, prima della pandemia, e più di ottomila in meno rispetto al 2017. In controtendenza l’Università Federico II. Qui si è passati da 2497 parti nel 2019 a 2890 nel 2021, mentre nel 2020 sono stati 2808. In controtendenza anche l’Università della Campania Luigi Vanvitelli dove il numero annuale di nascite nel reparto di Ginecologia, ostetricia e fisiopatologia della riproduzione, registra una lenta ma progressiva crescita: 845 nel 2019, 889 nel 2020 e 972 nel 2021. Il perché lo spiega Nicola Colacurci, ordinario di Ginecologia alla Seconda Università, responsabile del Centro di infertilità e presidente dell’Associazione ginecologi universitari italiani: «Il dato della Federico II non sorprende – dice il professore – era l’unico centro di riferimento Covid e, dunque, quei numeri erano attesi. Per quel che invece riguarda noi, il ragionamento da fare è un altro visto che la Vanvitelli non ha mai accolto donne positive al virus, mentre – va detto – abbiamo lavorato molto bene con le vaccinazioni». Secondo Nicola Colacurci, infatti, l’incremento di nascite nel suo reparto è dovuto in buona parte anche alla grave carenza di assistenza negli ospedali nel centro storico: «Al San Giovanni Bosco, benché centro Covid, non ci è andato praticamente nessuno, – aggiunge il primario – tra le ragioni principali non va sottovalutata la mancanza di una terapia intensiva neonatale attrezzata per curare i bambini positivi al Covid. Niente da fare anche al Loreto trasferito all’Ospedale del mare».
Da qui la necessità di concentrare tutto alla Federico II con un inevitabile incremento di culle: «In ogni caso – ribatte il professore – se non ci fossero gli extracomunitari i numeri sarebbero ancora più bassi: alla Vanvitelli compongono il 30/40 per cento dell’utenza». Numeri bassi anche presso le strutture accreditate. Un dato su tutti per comprendere la gravità di un trend in picchiata, quello di Villa Betania, secondo punto nascita della regione Campania dove, tra l’altro, sin dai primi giorni della pandemia, sono state attivate tutte le procedure e i protocolli previsti dai decreti, e dalle direttive nazionali e regionali, per la gestione dell’emergenza, a cominciare dal pronto soccorso ostetrico separato da quello ordinario. Ecco i numeri dell’ospedale Evangelico di via Argine: 2.169 parti nel 2017, circa 2mila nel 2018 e 2019, poi sempre meno fino ad arrivare agli 800 contati nel 2022, anche in questo caso mancano circa tre mesi alla fine dell’anno ma i numeri attuali lasciano poco spazio a cambiamenti sostanziali. Volendo tirare le somme – tra Asl e strutture accreditate – il dato complessivo è il seguente: 13.385 parti nel 2017; poco più di 12mila nel 2018 e 2019; 11.465 nel 2020, circa 10mila nel 2021 e 4.935 nel 2022. Secondo il professor Colacurci, il Covid ha influito in maniera significativa su questo decremento delle nascite: nessun baby boom come effetto quarantena, insomma. Lo scenario è stato opposto: l’incertezza economica e il ricadere delle responsabilità di cura dei più piccoli sulle famiglie sono elementi che hanno spinto le coppie, soprattutto quelle giovani, a decidere di non avere figli. «Non solo – aggiunge il professore – il Covid ha fermato anche tutte le attività non urgenti. Tra queste quelle legate alla riproduzione assistita. Sono stati due anni molto duri, centri chiusi e terapie interrotte. La ripresa è lenta ma le coppie stanno cominciando a tornare».