“I miei fratelli sono rimasti al liceo pubblico, e io, che ero il secondo di otto, sono stato spedito in collegio, dai gesuiti. L’ho vissuta come una vera e propria punizione”, “da quando ho compiuto 13 anni ho vissuto cose dolorose che poi mi hanno creato grosse difficoltà nella vita. Cose capitate a me e ad altri ragazzi. Parlo di abusi fisici. Sessuali. Mi è accaduto, li ho subiti”. Lo rivela Lapo Elkann in una lunga intervista al Fatto quotidiano.
“Altre persone – racconta Elkann – che hanno vissuto cose simili non sono riuscite ad affrontarle. Il mio migliore amico, che era in collegio con me per quasi 10 anni e ha vissuto quello che ho vissuto io, si è ammazzato un anno e mezzo fa”. “Non ne ho mai parlato prima anche perché – spiega – voglio che questa storia serva a qualcuno. Sto pensando a una fondazione. Voglio aiutare chi ha passato quello che ho passato io. Parlare è giusto, ma facendo qualcosa di utile, di positivo”. “Tu puoi essere una persona solare e positiva – afferma ancora Elkann -, ma certe cose, quelle cose, riescono a conficcarti il male dentro. Però io non mi considero una vittima, le vittime sono altre”. “Ho dovuto fare un enorme lavoro su me stesso – fa sapere poi il nipote di Gianni Agnelli – anche vedere cose che non avevo voglia di vedere. Non nasconderle più. Non nascondermi. Ho dovuto essere sincero con me stesso e con gli altri. Anche perché quando si ammazza il tuo migliore amico ti metti in discussione. Ti fai delle domande. Avrei potuto fare qualcosa? Stargli più vicino? Me lo sono chiesto anche quando è morto mio zio Edoardo”.