«Spesso guardiamo ad alcune emergenze e alle problematiche sociali solo come problemi da risolvere, dimenticando che possono segnare l’inizio di nuove traiettorie di giustizia e di pace per la nostra comunità». Le parole del Vescovo di Napoli, monsignore Domenico Battaglia, rimbombano come tuoni lungo le pareti di un Duomo gremito da turisti e cittadini fin dalle prime ore dell’alba. Anche quest’anno San Gennaro non ha tradito le attese dei fedeli: il prodigio si è ripetuto ancor prima dell’inizio della Celebrazione eucaristica, quando Don Mimmo ha raggiunto l’altare maggiore il sangue nell’ampolla era infatti già sciolto. E così, anche questa volta, il “miracolo” ha presto fatto spazio ad un sentito momento di riflessione che da sempre unisce, sotto lo sguardo attento del martire di Benevento, l’intera comunità partenopea nella giornata del Santo patrono, senza distinzioni di età o estrazione sociale. E forse è proprio questo il vero miracolo di Faccia Gialla.

Nella celebrazione che sarà ricordata per lo storico abbraccio tra Emanuele Filiberto di Savoia e Carlo di Borbone, seduti fianco a fianco tra i primi banchi della Cattedrale per tutta la funzione, si rinnova difatti l’importante legame che da secoli salda la Chiesa di Napoli con il suo popolo nel segno della liquefazione. Un sangue che, come ha ricordato Don Mimmo introducendo la lunga liturgia settembrina: «Si mescola sempre con il sangue dei poveri, degli ultimi, con il sangue versato a causa della violenza, dell’incuria umana, del degrado sociale, come purtroppo è accaduto alle vittime del crollo di Scampia e a quelle dell’esplosione di Forcella». Nel corso dell’omelia, il pastore della Chiesa di Napoli rivolge poi un sentito pensiero alla giovane turista padovana morta lo scorso martedì 17 settembre a causa del trauma riportato dall’incidente consumatosi la scorsa settimana ai Quartieri Spagnoli: «Permettetemi oggi di rivolgere il mio pensiero che si fa preghiera, a Chiara, ai suoi familiari ed amici, e a tutti coloro che sono nel dolore per questa morte assurda e tragica: la Chiesa di Napoli vi è vicina» dice Don Mimmo prima di essere travolto da un tripudio di applausi e commozione.

Difatti la festività di San Gennaro è ormai un rito che travalica i meri limiti della fede, diventando un appuntamento imperdibile persino per i tanti napoletani emigrati lontani dalla città: «Vivo a Milano da anni per lavoro e oggi sono qui per chiedere a San Gennaro di tornare a Napoli» dice commosso un anziano all’esterno del Duomo. Sullo scalone della Cattedrale ci sono però anche tanti giovani e giovanissimi, per molti si tratta della prima volta, il primo prodigio vissuto dal vivo: «A me ha colpito molto l’omelia del vescovo – dice Vincenzo, ateo di 27anni – ha parlato di problemi concreti della città, questioni che toccano i cuori della gente avvicinando San Gennaro veramente a tutti».

Nei fatti San Gennaro è di tutti i napoletani, lo sanno bene gli attivisti della rete “Set i diritti al tempo del turismo” che al santo patrono rivolgono persino un grido di protesta per denunciare l’overtourism che negli ultimi anni si è tradotto in centinaia di sfratti a danno delle famiglie meno abbienti del centro antico.

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