Gli impiegati fumatori costano, tra pause sigaretta, ridotta produttivita’ per assenteismo e presenteismo, oltre 3000 euro l’anno ai propri datori di lavoro, e ancora di piu’ se l’azienda paga l’assicurazione sanitaria. E’ la stima fatta da Micah Berman della Ohio State University, in uno studio unico nel suo genere (il primo a prendere in esame a 360 gradi il costo del fumo sul luogo di lavoro) pubblicato sulla rivista Tobacco control.

La stima e’ stata fatta sul settore privato, spiega Berman, ma i risultati si applicano anche al settore pubblico. Attingendo a vari set di dati, gli esperti hanno considerato tutte le voci di costo: circa 400 euro l’anno sono riferibili alle assenze dal lavoro, assenze in piu’ rispetto a quelle dei dipendenti non fumatori e legate, quindi, al fumo (malattie etc); circa 350 euro per ”presenteismo”, ossia ridotta produttivita’ legata alla dipendenza da nicotina; 2400 euro circa per le pause sigaretta. Se poi il datore di lavoro paga anche una assicurazione sanitaria bisogna aggiungere altri 1600 euro l’anno. Il datore di lavoro, pero’, ha anche una sorta di ”beneficio” dal dipendente fumatore: atteso infatti che le sigarette gli accorceranno la vita, per la morte prematura legata al vizio il suo dipendente pensionato gli ”restituisce” circa 230 euro l’anno di pensione di cui non godra’. Da questi dati si evince che, forse alle aziende e comunque ai datori di lavoro conviene contribuire al finanziamento di programmi per smettere di fumare per i loro dipendenti, perche’ la spesa costituirebbe comunque un guadagno a lungo termine per l’azienda.

 

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