Il riscaldamento globale sta sciogliendo i ghiacci e minaccia il permafrost, cioè il suolo perennemente congelato nell’Artide che imprigiona grandi quantità di metano. Se rilasciato in atmosfera, avverte da tempo la comunità scientifica, questo gas a effetto serra andrebbe a far aumentare ulteriormente le temperature.

Per far fronte all’emergenza, alcuni esperti guardano alla geoingegneria per raffreddare l’estremo nord del Pianeta. Una soluzione, in attesa che la politica scenda in campo con un serio programma di contrasto al cambiamento climatico, potrebbe essere quella di ‘imbiancare’ artificialmente il Mar Glaciale Artico, creando una superficie chiara che rifletta i raggi solari limitandone l’assorbimento e favorendo così la formazione di ghiaccio. Le ipotesi in campo sono diverse. Lo scienziato britannico Stephen Salter già nel 2008 propose l’idea di navi “spruzzanuvole”, che durante la navigazione spruzzano acqua nebulizzata nelle nuvole in modo da renderle più chiare e brillanti, quindi più riflettenti. Alcuni anni dopo, valutando che non ci fosse più tempo per costruire le navi salva­Artico, Salter ha sostenuto la creazione di torri con il medesimo processo di nebulizzazione, da piazzare nelle isole Faroe per sbiancare le nuvole. L’alternativa, proposta da altri scienziati, è imbiancare direttamente la superficie del mare, per mezzo di chicchi o microbolle galleggianti. Sull’efficacia di queste misure, tuttavia, adesso alcuni esperti stanno ponendo dei dubbi. Uno studio pubblicato dal Carnegie Institution of Science, un’organizzazione privata no profit con sede a Washington, ha simulato gli effetti dell’imbiancamento del mare in un mondo che ha quattro volte la concentrazione di CO2 rispetto all’epoca preindustriale e in un Artico che è più caldo di 10 gradi. Stando all’analisi, per ogni km quadrato imbiancato si recupererebbero tre quarti di km quadrato di ghiaccio, ma ciò “non si tradurrebbe in un sostanziale raffreddamento” in grado di mantenere il permafrost. “Imbiancare la superficie del Mar Glaciale Artico non sarebbe uno strumento efficace per compensare gli effetti dei cambiamenti climatici provocati dalle emissioni di gas serra”, evidenzia Ivana Cvijanovic del Carnegie. Inoltre “ridurre la luce solare a disposizione dell’ecosistema marino potrebbe avere conseguenze negative enormi”. La via maestra, insomma, sembra essere quella di abbattere le emissioni, con le speranze legate alla conferenza Onu sul clima di Parigi in programma a fine anno. Agire è indispensabile. “Dalla metà di questo secolo il Mar Glaciale Artico per una parte dell’anno sarà senza ghiaccio” causando “problemi ecologici come la perdita di biodiversità”, avverte Cvijanovic. E le ripercussioni non saranno solo locali: “lo scioglimento del ghiaccio artico può avere impatti sul quadro meteorologico di Europa, Nord America e buona parte dell’Asia”.

 

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