NAPOLI – Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD): dati epidemiologici della Campania, trattamenti disponibili e servizi accessibili sul territorio per i bambini che ne soffrono e per le loro famiglie. Queste le principali tematiche al centro del convegno dal titolo “ADHD dalla clinica, alla scuola, alla famiglia. Una sfida da vincere insieme”, organizzato dall’Associazione AIFA Onlus (Associazione Italiana Famiglie con ADHD) in programma sabato 13 ottobre dalle ore 8:30, presso Pietrasanta, Basilica Santa Maria Maggiore in Via dei Tribunali 13 a Napoli.

L’incontro, che vedrà la partecipazione di numerosi specialisti, rappresentanti istituzionali locali e nazionali e delle famiglie di bambini con ADHD, sarà l’occasione, partendo dall’analisi della situazione nella realtà campana, per aprire un tavolo di discussione su come favorire la diagnosi precoce del disturbo, predisponendo percorsi diagnostico-terapeutici ottimali, al fine di migliorare il decorso clinico e la qualità della vita dei soggetti affetti da questa patologia. “L’incontro è un’occasione di dialogo e di confronto tra clinici, operatori scolastici e sanitari, istituzioni e famiglie. – afferma Patrizia Stacconi, Presidente AIFA Onlus, Associazione Italiana Famiglie ADHD – Come Associazione di famiglie di bambini con ADHD, ci impegniamo da sempre per incrementare la consapevolezza e la comprensione di questo complesso disturbo. Un’esigenza la cui importanza è stata riconosciuta anche dalla recente mozione presentata in Senato il 27 settembre da più di 80 senatori, e per la quale esprimo la mia piena soddisfazione e felicità, in cui la tutela della salute mentale in età evolutiva è stata dichiarata parte integrante della salute dell’infanzia e considerata una priorità da perseguire attraverso la prevenzione, la corretta diagnosi e cura”. L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo neurobiologico dell’età evolutiva caratterizzato da disattenzione, impulsività e iperattività motoria. I soggetti con ADHD, che in Italia sono circa l’1% nella fascia d’età che va dai 6 ai 18 anni, presentano difficoltà di concentrazione, si distraggono facilmente, hanno difficoltà a stare fermi e non sono in grado di controllare il loro comportamento impulsivo. Per una corretta gestione del paziente, non solo è fondamentale una diagnosi precoce, ma è importante impostare da subito il protocollo di cura più idoneo. Ogni intervento terapeutico va, infatti, adattato alle caratteristiche del soggetto in base all’età, alla gravità dei sintomi, ai disturbi secondari, alla situazione familiare e sociale e deve essere inquadrato nell’ambito di un approccio “multimodale”, ovvero una terapia cognitivo-comportamentale e/o psico-educativa. Nei casi più gravi, alla terapia multimodale può essere associato anche un trattamento farmacologico, quando strettamente necessario, che deve essere intrapreso solo se indicato da un neuropsichiatra infantile. In Italia, la prescrizione di farmaci è vincolata alla registrazione del paziente nel Registro Nazionale ADHD, istituito nel 2007. Si tratta di un sistema di monitoraggio e di controllo – unico in Europa e nel mondo – attivato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha lo scopo di garantire accuratezza diagnostica ed appropriatezza terapeutica per l’ADHD, che si traduce nella prevenzione di possibili abusi o usi incongrui dei farmaci. Il Registro prevede che i bambini con sintomi suggestivi di ADHD siano inviati dai propri pediatri, dai medici o dagli psicologi scolastici, dagli insegnanti o dal Consultorio familiare, a uno dei Centri di Riferimento regionali presenti in Italia che dovranno elaborare la diagnosi e valutare il migliore approccio terapeutico possibile. I centri accreditati nel Registro sono 103, ma quelli realmente attivi (ovvero che in questi anni hanno fatto diagnosi o iscritto bambini con ADHD nel registro) sono 85. La Campania è la seconda Regione italiana con la più alta quota di popolazione in età pediatrica affetta da ADHD, dopo la Lombardia. Tuttavia, i centri specialistici operativi sul territorio sono 4, rispetto ai 5 identificati dalla delibera regionale N. 1406 contenuta nel BURC n. 49 del 10/09/2007, contro i 21 presenti nel territorio lombardo (di cui 18 attivi). “In Campania, a causa della carenza e della disomogeneità geografica dei Centri di Riferimento per l’ADHD, la prevalenza risulta essere all’incirca dello 0,04% considerando che i residenti (fascia d’età 6-18 anni), secondo i dati ISTAT aggiornati al 1° gennaio 2011, sono 802.525. – commenta Antonio Pascotto, Ordinario di Neuropsichiatra infantile della Seconda Università di Napoli – La Regione, inoltre, presenta intere aree geografiche prive di Centri di Riferimento, che in tutto sono 5: 3 a Napoli, uno ad Aversa e uno ad Avellino. Quest’ultimo, però, in cinque anni, non ha effettuato alcuna diagnosi di ADHD”. Nel 2008 in Campania furono individuate altre strutture di neuropsichiatria infantile che potevano adempiere alla funzione di Centri di Riferimento dislocati sul territorio, ma la relativa delibera di attivazione non è mai stata scritta. “Nei 4 centri regionali realmente operativi, sono state effettuate, dalla data di attivazione, 300 nuove diagnosi nella fascia d’età 6-18 anni. – prosegue Pascotto – Tale valore è decisamente basso con un’evidente sottostima dell’ADHD. Resta da chiedersi che percorso diagnostico-terapeutico abbiano intrapreso, intraprendono o intraprenderanno i soggetti con tale disturbo a cui sia stata fatta una diagnosi diversa. Risulta, quindi, indispensabile, dove non esistono, attivare altri centri specializzati”. L’assenza di una rete di servizi di neuropsichiatria infantile distribuiti sul territorio si ripercuote negativamente sulle famiglie, che si trovano ad affrontare, in solitudine, le problematiche quotidiane legate alla vita familiare e scolastica dei bambini con ADHD, nonché alla gestione del disturbo. “Dato l’esiguo numero di centri specialistici e la scarsità di risorse disponibili in Campania, le famiglie non riescono a ottenere una diagnosi in tempi brevi; inoltre, data la mancanza di posti letto, non esiste la possibilità di ricovero. – commenta Massimo Micco, vicepresidente AIFA onlus nazionale e presidente AIFA Campania – Si assiste, quindi, a un massiccio fenomeno di migrazione dei pazienti verso ospedali di altre Regioni italiane con un ulteriore incremento dei costi per il servizio sanitario regionale, situazione che, del resto, non riguarda solo l’ADHD. Le famiglie devono, inoltre, sostenere i costi delle terapie cognitivo-comportamentali per il bambino, in quanto si tratta di prestazioni non rimborsate dalla Regione. Alla situazione descritta si aggiunge il fatto che i genitori non possano usufruire di corsi di “parent training”. Tali corsi, anche se attualmente previsti dalla delibera regionale del 2007 e dalle linee guida nazionali, non sono disponibili né presso i Centri di Riferimento di diagnosi, né presso le strutture di riabilitazione in convenzione, in quanto, anch’esse, non sono a carico del servizio sanitario regionale”. “Anche sul fronte scolastico la situazione è critica, – prosegue Micco – gli insegnanti hanno grandi difficoltà a gestire i ragazzi con ADHD, ciò nonostante non sono ancora previsti sul territorio progetti di formazione del corpo docente (teacher training). Se in alcuni casi gli insegnanti cercano di far fronte alla situazione con le conoscenze di cui dispongono, in altri si assiste a situazioni di abbandono totale e non sono rari i casi di bocciature di ragazzi con ADHD, spesso anche in assenza di un Percorso Educativo Personalizzato (PEP), come previsto dalla legge dell’integrazione scolastica) o di un Piano Educativo Individualizzato (PEI) nei casi gravi di certificazione per l’handicap 104/92”. Le istituzioni locali dovrebbero, quindi, farsi carico, con interventi programmatici specifici, delle esigenze e delle necessità dei pazienti e delle famiglie. L’integrazione degli interventi regionali con i distretti sanitari, infatti, rende possibile il miglioramento della qualità della vita dei soggetti ADHD e delle loro famiglie, come dimostrano due progetti regionali della Lombardia e dell’Umbria, presentati nel corso del convegno. La Lombardia ha attivato nel 2011 un Registro Regionale dell’ADHD, strumento unico in Europa, creato e gestito dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che fa parte di un insieme di progetti di neuropsichiatria infantile attivati dalla Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia. “Il Registro Regionale, a cui partecipano 18 centri regionali accreditati per la cura dell’ADHD – dichiara Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute, Pubblica dell’Istituto Mario Negri e del Registro Regionale – è un progetto volto a garantire al paziente uniformità e coerenza nell’intero percorso diagnostico e terapeutico, a partire dalla prima richiesta di intervento della famiglia fino ai programmi di trattamento e interventi psicologici specifici. Ciascun centro riceve periodicamente un feedback sull’andamento delle attività già realizzate con i pazienti e un memorandum di quelle ancora da svolgere. Compito del Registro è creare una rete di coordinamento e di condivisione in modo che tutti i soggetti coinvolti abbiano un protocollo condiviso e unico di intervento”. L’Umbria ha deliberato il 3 settembre 2012 le “Raccomandazioni per la diagnosi e il trattamento del disturbo ADHD”, orientate a garantire continuità dei servizi territoriali di cura per il paziente, dall’età infantile a quella adulta. “In Umbria è presente a Terni un solo Centro di Riferimento regionale per la cura del disturbo, che segue i pazienti fino ai 18 anni – dichiara Giovanni Mazzotta, Neuropsichiatra infantile all’Università di Perugia – Nei servizi di riabilitazione dell’età evolutiva i minori con ADHD con più di 14 anni sono assegnati agli specialisti dell’età adulta e non è infrequente che, in questo passaggio, possa cambiare anche la diagnosi, situazione che crea disagio e confusione nel paziente. Le linee guida che abbiamo realizzato, pertanto, servono non solo a rendere obbligatoria per tutti gli operatori, sia i neuropsichiatri dell’età infantile sia gli specialisti dell’età adulta, la frequenza a corsi di formazione sull’ADHD, ma soprattutto a creare un percorso diagnostico e terapeutico unico dall’età evolutiva a quella adulta”. “Questi progetti hanno contribuito a creare un circolo virtuoso all’interno dei rispettivi territori di appartenenza – conclude Patrizia Stacconi – e possono rappresentare due spunti positivi da cui partire per avviare esperienze simili anche in altre Regioni, come la Campania, allo scopo di migliorare le prestazioni e le strutture disponibili e di conseguenza la qualità della vita dei nostri figli”.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui