Gli ambienti sono comodi e confortevoli, proprio come se fossero quelli di un locale pubblico. E’ per questo che un nuovo centro di ascolto a Napoli è stato chiamato Alzheimer caffè. L’inaugurazione questa mattina ai Colli Aminei, nella Rsa padre Annibale di Francia.

Si tratta di spazi dove i malati e i loro familiari possono avere incontri periodici e beneficiare dei servizi di sostegno di cui necessitano, ma in una condizione più comoda rispetto ai comuni centri di ascolto. ”Si tratta – dicono gli animatori dell’iniziativa – di un luogo per chi deve vedersela con la malattia, familiari dei pazienti compresi. Con un pugno di volontari portiamo avanti una serie di progetti, ma ora che questa malattia ha assunto contorni epidemiologici preoccupanti occorre fare di più, tesaurizzare le esperienze maturate sul campo e allestire una rete assistenziale realmente efficace, a misura di paziente, dove abbia cittadinanza la parola riabilitazione e non si perda di vista la dimensione umana delle cure e la dignità di questi malati”. L’iniziativa è portata avanti dall’Aima, sezione di Napoli, l’associazione onlus che opera al fianco delle famiglie per alleviare le conseguenze di questa malattia, con la collaborazione, tra gli altri, di Unicredit Foundation. Proprio dall’Aima arriva la storia commuovente di Antonio (nome è di fantasia), 65 anni, da alcuni anni occhi bassi, vuoti di memoria e mancanza di orientamento nello spazio e nel tempo. La diagnosi è impietosa: demenza fronto-temporale, una forma di Alzheimer particolarmente grave. Eppure è uno dei pochi casi al mondo in cui un paziente ha la consapevolezza di essere malato. Di demenza di Alzheimer ne soffrono circa 60 mila persone in Campania che superano l’asticella degli 80 mila se si considerano anche le demenze correlate con più di 200 mila familiari coinvolti. ”In Campania l’assistenza domiciliare resta lacunosa ? dice Caterina Musella, presidente dell’Aima Napoli- Tutto il carico assistenziale continua a ricadere sulle famiglie, le uniche capaci di garantire assistenza continua per sostenere pazienti per i quali non c’è cura e che, inesorabilmente, nel breve arco di anni, scivolano verso il completo sfacelo”.

 

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